Storie – Torreglia

Storie

Torreglia

 

Le sorelle Buchler, Margit e Ilona, rappresentano uno di quei casi di ebrei internati per i quali esistono pochissimi documenti nel fascicolo personale dell’Archivio Centrale dello Stato [1]. Si tratta di una comunicazione avvenuta tra il 24 e il 30 aprile 1945 [2] con cui l’Ente Comunale di Assistenza di Bari comunicava i nominativi di diversi ex internati sussidiati al Ministero. Su quell’elenco del 7 marzo comparivano, appunto, le due sorelle croate, originarie di Cepin.

Leonardo (cognome completo Büchler-Bogdanić), il fratello maggiore, fu internato prima a Corropoli e poi a Città S. Angelo ed infine a Caramanico [3]. Gli altri due fratelli, Eugen e Kornel [4], furono uccisi dagli ustaša nel campo di Jasenovac nel 1941[5].

I Buchler sono presenti sulla lista del Joint Distribution Committee degli ebrei presenti a Bari e successivamente a Santa Croce nel novembre 1944 [6]. Dei tre, solo Leo scelse di unirsi al gruppo di profughi portato dagli americani a Fort Ontario.

A Bari troviamo anche tutti gli altri internati presenti a Torreglia e fuggiti verso sud. Si tratta della famiglia Schmetterling, composta da Saul Isidoro (morto nel 1983), sua moglie Ettel Engel (morta nel 1972 ad Haifa), i figli Giuseppe (morto nel 2008 a Sha’Ar Ha Amakim), con la moglie Elisabetta Weiss (Hedva, morta nel 2000), e Mira (sposatasi con Emanuel Schwartz, morta nel 1972), nonché Serafina Zwecher (morta il 3 ottobre 1989 a Kfar Saba in Israele), cognata di Ettel, e i suoi due bambini, Ruth e Mirko Mordehay (morto a Gerusalemme nel 1960). Il marito di Serafina, ossia il fratello di Ettel, Max Mendel, fu ucciso a Jesenovac nel 1944 [7].

Max (Makso), figlio di Markus e Feiga Buler, nato il 10 dicembre 1902 a Monastyrys’Ka, nell’attuale Ucraina, era un uomo d’affari. Da giovane visse a Hadžići, prima di spostarsi a Vienna e poi, nel 1925, a Zagabria dove si occupò della produzione di maglieria e dove possedeva il negozio “Masko Engel”, che faceva affari in tutto il Regno di Jugoslavia. Dopo la creazione dello Stato Indipendente di Croazia, la famiglia di Mendel fu costretta a portare il contrassegno degli ebrei. Lui fu arrestato e deportato nel campo di detenzione di Jasenovac. La Židovská Opcina Zagreb (ŽOZ) ricevette le ultime notizie da Mendel l’8 ottobre 1944, quindi si presume che la sua morte sia avvenuta dopo quella data [8].

Un altro fratello di Ettel Engel, Nachman, morì a Buchenwald nel 1940 [9] e la sorella Rosa ad Auschwitz nel 1944 [10]. La sorella di Serafina, Janetta Zwecher in Kirschner, fu uccisa a Vocin nel 1942 [11].

Nel frattempo, giunti da Spalato in Italia il 30 novembre 1941 e internati ad Asolo, si trovavano in Italia anche Charma (Carla) Zwecher, sorella di Serafina, suo marito Josif Bretler e i figli Enrico e Lea, anche loro fuggiti verso sud e arrivati a Bari.

Questo quadro generale della famiglia, comprensivo di coloro che non furono internati in Italia, fa comprendere ancora meglio e direttamente i due tipi di fuga che la maggior parte degli ebrei stranieri vissero: la prima fu quella che, attraverso percorsi diversi, li portò in Italia, ma che spesso vide una parte delle famiglie soccombere a causa delle violenze perpetrate dai croati o a seguito delle deportazioni; la seconda è la fuga dopo l’armistizio che portò molti degli ebrei a scegliere la strada che li condusse a Bari, come in questo caso, o in altri luoghi del centro-sud.

Ciò che si coglie su quanto accadeva ad est, attraverso le istanze che gli ebrei inviavano al Ministero, esplode in poche righe sulle biografie delle famiglie di questi ebrei e fa risaltare i motivi che li spinsero a portarsi a Lubiana, a Sussak, a Fiume, a Spalato o a Cattaro. Non solo. Le storie che portavano con sé e che venivano poste all’attenzione delle autorità italiane, con modalità e sentimenti che possiamo solo vagamente immaginare, posero il regime fascista davanti alla necessità di decidere cosa fare di quegli ebrei stranieri. Si può solo tentare di ricostruire i sentimenti e i pensieri degli ebrei nel momento della scelta fatidica.

 

22 ottobre 1941. Lubiana.

In via Bleiweis 15/III (oggi Prešernova cesta), presso Püchler, Ettel si trovava “attualmente in sosta”. Sola. Dalla fine di settembre ormai. Suo marito era rimasto a Zagabria. Sua figlia Mira, il fratello Giuseppe e la moglie Elisabetta erano già a Padova. Prese carta e penna per scrivere al Ministero e chiedergli di poter raggiungere i suoi cari per “menare con loro una vita comune”. Alla fine della lettera aggiunse un post scriptum: “Sono ebrea di Croazia [12]. Una specificazione, una dimenticanza. Era come se avesse voluto dire di essere una persona, una profuga, ma avesse poi creduto fosse meglio dire alle autorità fasciste di essere ebrea.

Ora non poteva che attendere che la domanda facesse il suo corso. Non sapeva o solamente immaginava che il Ministero avesse sollecitato il prefetto di Padova [13] che, sentito l’organo militare competente, diede il suo assenso perché “in questa città vivono effettivamente i suoi familiari i quali serbano buona condotta e non danno luogo a rilievi [14]. Agli inizi di dicembre forse le giunse la voce del nulla osta del Ministero [15], ma la vera notizia positiva fu l’arrivo del marito, Saul Mayer, giunto a Lubiana a metà novembre, dopo due mesi di internamento in Croazia [16]. Ora potevano recarsi da Grazioli, l’Alto Commissario, e rinnovare la domanda anche per lui. Grazioli chiese loro se potessero tornare in Croazia, fece notare probabilmente che erano entrati illegalmente e che gli ebrei stranieri dovevano lasciare i territori del Regno, ma loro insistettero “rifiutandosi (…) di far ritorno in Croazia, dove sarebbe in pericolo la loro incolumità”. A quel punto l’Alto Commissario scrisse di nuovo a Roma: “data la particolare situazione di questa Provincia, si esprime parere favorevole che vengano internati a Padova [17]. Il nuovo beneplacito ministeriale faceva ben sperare [18], ma poi non successe più nulla. Solo il 22 aprile 1942 ricevettero nelle loro mani i lasciapassare n. 7233 e 7234 e poterono raggiungere i figli in via Bartolomeo d’Alviano 3/A, a Padova. C’è una sorpresa: anche se segnalati solamente nell’oggetto della raccomandata di Grazioli a Vittorelli, appaiono i nomi dei nipoti, Ruth e Mirko Engel [19]. Non compare, però, il nome della madre. Nessuna notizia di lei fino al 9 agosto 1942 quando Grazioli si rivolse al Ministero per comunicargli che un’altra “profuga dalla Croazia” era arrivata a Lubiana già a gennaio. Dovette sicuramente condividere con gli altri parenti quei mesi di febbrile attesa, ma non era partita per l’Italia con loro. Serafina Zwecher aspettava. Forse sperava che il marito la raggiungesse. Aveva negli occhi il campo di concentramento di Lohor e, a maggior ragione, “si rifiuta di far ritorno in Patria, dove sarebbe esposta a sicuro pericolo”. Non voleva altro che raggiungere i suoi figli e gli altri parenti, ora a Torreglia [20].

Anche in questo caso il Ministero concesse l’internamento in Italia. Era l’11 settembre 1942, ma lei arrivò nel padovano ad ottobre [21]. Anche se i nomi dei suoi figli, Ruth e Mirco, erano stati già notificati, probabilmente arrivarono in Italia con la madre.

Non tutta la famiglia, come visto, era al sicuro, ma era già qualcosa poter sospendere il tempo, anche se non i pensieri, almeno per un anno, prima di ricominciare a fuggire. Per il momento l’armistizio non era nemmeno immaginabile né ci si aspettava di vedere entrare i tedeschi a Padova.

Prima di quel momento, alla fine del 1942, si situa una richiesta di visita da parte di Adolfo Waltuch, nipote di Saul, internato in provincia di Sondrio, ad Aprica [22].

Poi, a febbraio 1943, l’arrivo di Margherita (vedova Weiss) e Ilona (vedova Goldschein) Buchler che avevano dei legami di parentela con gli Schmetterling [23]. Margherita, infatti, era la madre di Elisabetta, moglie di Giuseppe. Altri fili portano in provincia di Vicenza, a Malo, dove erano internati Cesare Salon ed un’altra Elisabetta Weiss.

A quel punto Vittorelli si mostrò fortemente preoccupato, non per gli ebrei internati che “sarebbero fuggiti dalla Croazia per timore di subire violenze da parte degli Ustasci”, quanto per “l’importanza militare sempre maggiore che va acquistando questa provincia per la presenza di alti Comandi Militari per l’effettuazione di corsi d’istruzione per ufficiali, nonché del numero rilevante d’internati civili di guerra adibiti al lavoro nelle industrie private”. Il prefetto di Padova, sempre attento al numero di internati presenti in provincia, sempre pronto a chiedere lo spostamento di ebrei o di congiunti di ribelli, tornava a battere su quel tasto perché riteneva “pericoloso che sia consentito a costoro l’ulteriore permanenza in questa provincia”. Che fare, allora? Meglio “che essi vengano trasferiti da Torreglia, dove si trovano, in altra provincia [24]. Il tentativo cadde nel vuoto. D’altronde, rispose il Ministero, “le altre provincie del Regno si trovano in analoghe condizioni di codesta [25].

Tre mesi e tutto precipitò. Di nuovo in fuga. Forse riaffiorarono i ricordi delle vite strappate, si riaprirono le ferite. Gli ex jugoslavi avevano alle spalle un vissuto che sicuramente consentiva loro di essere più sensibili e pronti rispetto al pericolo imminente dettato dall’arrivo delle truppe tedesche. Quale fu la scelta? Andare verso sud, lungo la costa adriatica per poi nascondersi sugli Appennini, come molti altri. Gli Schmetterling arrivarono a Caramanico. Era una scelta voluta o guidata dagli incontri fatti lungo il cammino? Si propende per la prima, considerata la presenza di Leonardo, il fratello di Margherita e Ilona Buchler, nel comune pescarese. Restarono nascosti fino a quando, il 10 giugno 1944, gli Alleati e il CIL liberarono Pescara. A novembre il gruppo di undici ebrei arrivò a Bari, dove Isidoro diventò presidente della Comunità culturale ebraica. Momentaneamente si sistemarono prima in via Trento 51 [26] e poi in via Garupe 63 [27], con l’intenzione di raggiungere la Palestina dove nel frattempo erano giunti i tre figli, Giuseppe, Mira e Rachel Danon. Quest’ultima non risulta internata in Italia [28].

Anche Isidor, come gli altri ex internati, davanti all’IRO, si disse contrario al rimpatrio, certamente perché i figli si trovavano già in Palestina, ma perché spaventato dalle nuove condizioni politiche in Jugoslavia e, non essendo comunista, temeva di essere nuovamente perseguitato [29]. Ritenuti “eligible”, partirono per Israele.

 

NOTE

[1] Due documenti per Ilona (ACS, MI DGPS DAGR, A16, b. 13, fascicolo “Buchler Ilona fu Ladislavo” e altrettanti per Margit (ACS, cit., fascicolo “Buchler Margit fu Ladislavo”).

[2] In entrambi i fascicoli si vedano i documenti del 24 e del 30 aprile 1945.

[3] Si veda www.annapizzuti.it.

[4] Erano gemelli, nati nel 1891.

[5] http://www.jusp-jasenovac.hr/Default.aspx?sid=7620.

[6] La lista era datata 1° gennaio 1945. Già citata.

[7] http://www.jusp-jasenovac.hr/Default.aspx?sid=7620.

[8] https://zbl.lzmk.hr/?p=3241.

[9] https://yvng.yadvashem.org/nameDetails.html?language=en&itemId=917239&ind=1.

[10] https://yvng.yadvashem.org/nameDetails.html?language=en&itemId=1890348&ind=1.

[11] https://yvng.yadvashem.org/nameDetails.html?itemId=821172.

[12] ACS, MI DGPS DAGR, A4 bis, b. 321, fascicolo “Schmetterling Ettel fu Mordko nata Engel”, 22 ottobre 1941.

[13] Ivi, 29 ottobre 1941.

[14] Ivi, 27 novembre 1941.

[15] Ivi, 9 dicembre 1941.

[16] Si vedano i documenti degli Arolsen Archives consultabili online su https://collections.arolsen-archives.org/en/archive/80504215/?p=1&s=schmetterling%20ettel&doc_id=80504216.

[17] ACS, f. Schmetterling E., cit., 28 gennaio 1942.

[18] Ivi, 6 febbraio 1942.

[19] Ivi, 30 aprile e 26 maggio 1942.

[20] Ivi, documento con timbro dell’11 settembre 1942. Si tratta della copia della nota dell’Alto Comm. di Lubiana del 9 agosto 1942 diretta al Ministero. Nella nota dell’Alto Commissario di Lubiana deve esserci un errore di battitura. Il campo dovrebbe essere quello di Lobor, il terrificante luogo di detenzione e torture installato nell’agosto del 1941 nel palazzo della nobile famiglia Keglevich, dove migliaia di donne e bambini furono lasciati in balia degli ustaša prima della deportazione ad Auschwitz.

[21] Ivi, documenti dell’11 settembre 1942 e del 3 maggio 1943.

[22] Ivi, 28 novembre 1942.

[23] Ivi, 3 maggio 1943.

[24] Ivi, 3 maggio 1943.

[25] Ivi, 16 giugno 1943.

[26] Scheda UNRRA del 20 giugno 1946 presente tra i documenti degli Arolsen Archives, cit.

[27] Ivi, questionario del 28 ottobre 1948.

[28] Rachel si è sposata con Yitzchak Danon con cui ha avuto tre figli ed è morta nel 1981; Mira si è sposata con Emanuel Schwartz, ha avuto due figli ed è morta nel 1972. Sul sito www.annapizzuti.it risulta un Danon Izakar di Cesare, nato a Sarajevo il 3.7.1921. È dato a Padova dal 13.12.1941 e trasferito ad Agliano d’Asti il 03.04.1942. Passò poi in Svizzera. Dai dati non è possibile sapere se si tratta dello stesso Danon legato alla famiglia Schmetterling.

[29] Arolsen Archives, cit.

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