Pietro Gardin ed Elisabetta Manfre
Pietro Gardin (1900-1981) viveva con la moglie Elisabetta (1905-1995) e i due figli, Gian e Maria Luisa, a Bolzano, non lontano dal confine con l’Austria. Pietro lavorava nel settore tessile ed Elisabetta era insegnante.
Tra i loro amici c’era il dottor Augusto Rovighi, un ingegnere ebreo che li aveva aiutati a fondare la fabbrica tessile di Bolzano. In seguito all’occupazione tedesca dell’Italia nel settembre 1943, Rovighi si diede alla clandestinità con l’aiuto di padre Guido Bortolameotti.
Il figlio di Rovighi, Luigi, di 11 anni, era rimasto a Bolzano, ma all’inizio del 1944 i Gardin decisero di nascondere anche lui, per paura che i tedeschi lo arrestassero non trovando il padre. I Gardin consegnarono a Luigi una carta d’identità falsa utilizzando il nome del loro parente Luigi Baccega (i cui dettagli non potevano essere verificati dalle autorità), e lo portarono con sé nella loro casa di campagna a Caerano San Marco.
Il viaggio era rischioso poiché i soldati tedeschi fermavano spesso i viaggiatori e controllavano il contenuto dei veicoli e i documenti di viaggio dei passeggeri. Durante il soggiorno a Caerano, Luigi fu trattato come uno di famiglia. I bambini Gardin, vicini per età a Luigi, giocavano con lui e lo aiutavano a passare il tempo in campagna.
Dopo due mesi con i Gardin, Luigi si unì alla madre nascondendosi nella zona montuosa della Val di Non, dove sopravvissero fino alla liberazione della zona.
Dopo la guerra, Luigi frequentò il Conservatorio di Musica di Bologna e divenne violinista e noto musicologo.
Il 29 agosto 2011, lo Yad Vashem ha riconosciuto Pietro ed Elisabetta Gardin come Giusti tra le Nazioni.
Fonti
• Database dello Yad Vashem, numero di file M.31.2/12190
• F. Zamboni, “I ricordi bolzanini di Luigi Rovighi, l’ebreo sfuggito ai nazisti”, in Alto Adige, 28.03.2012