Giovanni, Emma e Giuseppe Tiburzio
(scheda a cura di Irene Nieddu)
Nell’ottobre del 1943, a Palanfrè, frazione di Vernante (Cuneo), Giuseppe Tiburzio (soldato italiano) incontrò Paula Gotlieb (poi Vezina) e suo padre Joachim insieme ad un gruppo di profughi di Saint-Martin-Vésubie (dipartimento delle Alpi Marittime).
L’undicenne Paula, nata a Charleroi, era scappata dal Belgio con i suoi genitori, ma sua madre era stata arrestata e deportata ad Auschwitz, mentre lei aveva trovato rifugio a Nizza. Il suggerimento di Giuseppe al padre di Paula fu quello di portare la ragazza a Venezia, a casa dei genitori del soldato.
Tuttavia, poco tempo dopo, Joachim e altri profughi furono fatti prigionieri e deportati ad Auschwitz. Giuseppe Tiburzio prese in carico la ragazza, pur consapevole dei rischi che stava correndo: la ragazza non aveva documenti, aveva la febbre alta e, poiché era in preda al delirio, a volte parlava yiddish.
Il viaggio fu estremamente rischioso perché il treno era pieno di tedeschi, ma quando finalmente Paula arrivò a casa dei genitori di Giuseppe, Giovanni ed Emma Tiburzio, venne accolta a braccia aperte.
La coppia di anziani sacrificò tanto pur di proteggere e sostenere la ragazza riuscendo addirittura a darle un’ottima istruzione nella migliore scuola di Venezia. Paula non ha mai smesso di apprezzare l’amore e la gentilezza dei suoi soccorritori.
A Milano, nel 1955, in occasione del decimo anniversario della Liberazione, l’Unione delle Comunità Ebraiche in Italia ha conferito a Giuseppe Tiburzio una medaglia d’oro in riconoscimento delle sue azioni a favore degli ebrei.
Il 14 novembre 1974 Yad Vashem riconobbe Giuseppe Tiburzio e i suoi genitori, Giovanni ed Emma Tiburzio, come Giusti tra le nazioni.
Fonte