L’internamento degli ebrei stranieri in provincia di Padova
Le fonti
Nel tentativo di individuare gli ebrei stranieri presenti in provincia di Padova, è necessario analizzare le fonti a disposizione. I documenti che riportano un quadro generale della situazione, con o senza l’indicazione dei nomi, si riferiscono ad una fase avanzata del periodo di internamento e della guerra, essendo stati redatti per lo più nel 1943.
Uno dei più importanti è la comunicazione del 19 gennaio 1943 che il prefetto di Padova, il conte Agostino Cesare Vittorelli, inviò al Ministero degli Interni (da qui in poi “fonte A”) con lo scopo dichiarato di allontanarli il più possibile dalla zona di sua competenza, un atteggiamento che caratterizzò molte delle comunicazioni di Vittorelli. In questo caso il prefetto motivava la sua scelta affermando che Padova fosse “sede di alcuni importanti reparti” delle autorità militari, per cui “la presenza di detti elementi appare quanto mai inopportuna, perché evidentemente non scevra di pericoli sia dal lato spionistico, che della possibile propaganda contraria ed alla guerra ed al Regime fra le file dei soldati” [1]. Egli richiedeva pertanto al Ministero di trasferire gli internati. Nel testo della missiva, Vittorelli scriveva che si trattava “soprattutto di stranieri ebrei ed originari dai paesi occupati dell’ex Regno di Jugoslavia”, senza però specificare la consistenza degli uni (gli ebrei) e degli altri (gli stranieri jugoslavi). La cifra totale è di 159 persone, un numero che rimane ben al di sotto di quello degli internati di altre province venete. Prendendo in considerazione solo gli ebrei stranieri, se ne contano oltre 600 nel vicentino, più di 350 nel trevigiano, 150 nel bellunese, per scendere poi agli oltre 120 del rodigino, ai 32 di Verona e ai 8 di Venezia. Forse consapevole che l’argomentazione non avrebbe fatto breccia negli uffici ministeriali, Vittorelli aggiunse che “la provincia di Padova, poi, ha accolto fin’ora ottomilacinquecentocinquanta sfollati, provenienti dalle città colpite da incursioni aeree ed è destinata ad accogliere quelli eventuali di Venezia, per cui è necessario riservare per tali bisogni i pochi posti ancora disponibili”. Per avvalorare ulteriormente la sua richiesta, il prefetto ricordò anche i “circa quattromila” internati del campo di concentramento di Chiesanuova. Dagli studi di Capogreco risulta che, al 1° febbraio 1943, pochi giorni dopo la comunicazione di Vittorelli, il campo di Chiesanuova ospitava 3403 internati, mentre il 29 dicembre 1942 erano 3039 [2], comunque non i quasi 4000 indicati, cifra che non fu mai raggiunta durante il periodo di utilizzo del campo. Come si vede, il prefetto non accennava agli ebrei italiani della consistente comunità ebraica padovana, ma che vivevano in condizioni diverse da quella degli stranieri e ai quali era riservato un controllo indiretto che non rientrava tra le azioni principali della Prefettura.
I 159 internati possono essere suddivisi tra i comuni [3] del padovano così come indicato nella tabella I. Conoscere il nome dei comuni consente di fare delle supposizioni. Appare subito evidente l’assenza di alcune località dove sicuramente erano internati degli ebrei stranieri. Da un primo confronto con la “Lista di civili stranieri internati nella provincia di Padova” (da qui in poi “fonte B”), si nota che può esserci una corrispondenza con i dati relativi a Piove di Sacco [4] e Cittadella, mentre mancano del tutto i riferimenti ai tre ebrei di Monselice e ai tre di Monteortone. Il numero di 10 internati presenti a Torreglia è corretto rispetto agli 8 della fonte B, mentre ci sono due internati in meno ad Abano. È importante soffermarsi sui tre internati di Lozzo Atestino perché lì risultava la famiglia di Arturo Gluck [5], poi trasferita nel mese di febbraio 1943 nel campo di Ferramonti di Tarsia. Questo spiega il motivo per cui non compare nell’elenco della fonte B.
Tabella I – Internati presenti nel padovano (comunicazione del 19 gennaio 1943)
Comune | Numero internati | Comune | Numero internati |
Abano | 3 (ebrei) | Lozzo Atestino | 3 (ebrei – partiti) |
Agna | 2 | Mestrino | 3 (partiti a febbraio 1943) |
Bagnoli di Sopra | 6 | Padova | 43 (ebrei) |
Bovolenta | 2 | Piombino Dese | 12 (partiti a febbraio 1943) |
Castelbaldo | 8 (fonte F) | Piove di Sacco | 16 (ebrei) |
Cittadella | 4 (ebrei) | S. Urbano | 12 (partiti a febbraio 1943) |
Correzzola | 2 | Tombolo | 4 (partiti a febbraio 1943) |
Galliera Veneta | 3 (partiti a febbraio 1943) | Torreglia | 10 (ebrei) |
Galzignano | 7 (partiti a febbraio 1943) | Vescovana | 6 (partiti a febbraio 1943) |
Gazzo Padovano | 5 (partiti a febbraio 1943) | Vigonza | 1 |
Grantorto | 7 (partiti a febbraio 1943) | Totale | 159 |
Il dato della città di Padova non è del tutto chiaro, dato che le 43 presenze potrebbero riferirsi a più categorie di internati. La Prefettura potrebbe aver inserito in quel numero gli ebrei stranieri presenti in città, ma che formalmente non sono mai stati indicati come internati in altre fonti. Nella fonte B, solo 4 ebrei risultano internati a Padova, ma è noto che in città risiedevano diversi ebrei stranieri giunti anni prima e/o coniugati con “ariani”. Si avanza, quindi, un’ipotesi che si appoggia su quanto riportato nel successivo “Elenco degli ebrei stranieri residenti a Padova e provincia” (da qui in poi “fonte E”): i 43 internati potrebbero coincidere, anche se non perfettamente, con 41 dei 58 nomi indicati nel documento del settembre 1943. A loro si può aggiungere Marta Oppenheim, che risultava a Padova, e Chaim Pajes, trasferito a Campagna nell’aprile del 1943, come risulta dalle indennità di accompagnamento degli agenti di Pubblica Sicurezza (da qui in poi “fonte D”).
Da notare anche la coincidenza dei 7 internati di Grantorto con i “congiunti di ribelli” presenti nella fonte B. A proposito dei congiunti di ribelli, la lettera di Vittorelli sortì i suoi effetti, dato che già il 6 febbraio Giuseppe Stracca, dalla Direzione Generale per i Servizi di Guerra del Ministero dell’Interno, lo avvisò che i congiunti dei ribelli “affluiti in cotesta Provincia da quella del Carnaro siano fatti accompagnare al campo di concentramento ‘Le Fraschette’ Comune di (Frosinone)”. Stracca rimandò, invece, alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza la questione dell’allontanamento degli ebrei stranieri, non essendo di sua competenza. Il 12 febbraio il primo elenco dei “congiunti di ribelli” da inviare ad Alatri era già pronto. Si trattava di persone internate a Galliera Veneta, a Gazzo Padovano e a Grantorto. In totale lasciarono il padovano 15 persone [6]. Il 15 febbraio una seconda comunicazione riguardò gli internati di Galzignano e Vescovana, per un totale di 13 persone [7]. Infine, il 17 febbraio, fu approntato il trasporto del terzo nucleo di “congiunti di ribelli” già internati nei comuni di Piombino Dese, Tombolo e Mestrino, per un totale di 19 persone [8], e del quarto e ultimo gruppo composto dagli internati di Sant’Urbano, per un totale di 12 persone [9]. In un altro documento del 13 aprile (si veda anche la fonte G) si riportano i nomi di 11 bambini già inclusi negli elenchi di febbraio, ma che evidentemente partirono dopo [10].
I 59 internati che erano arrivati dal Carnaro vanno quindi sottratti dai 159 indicati da Vittorelli a gennaio del 1943, così come i 5 ebrei trasferiti tra febbraio ed aprile del 1943 [11].
Dal confronto tra i dati esaminati e le partenze, ma anche con quanto si dirà a proposito della “Rendicontazione dei sussidi pagati agli internati” (da qui in poi “fonte F”), l’utilizzo delle località di Agna, Bagnoli, Bovolenta, Correzzola, Vescovana e Vigonza, per un totale di 13 internati, non trovano corrispondenza nella documentazione disponibile. In conclusione il numero degli internati scese a 95, un numero pressoché identico a quello indicato alla fonte F, ma che non aiuta nell’identificazione totale degli ebrei stranieri.
Per quel che concerne la fonte B, si tratta di una lista dettagliata di internati preparata dalla Croce Rossa. Il documento relativo a Padova è senza data, come quello riguardante Rovigo, mentre gli elenchi delle altre province venete riportano delle date comprese tra marzo e ottobre 1943 [12]. Si può ipotizzare che la situazione fotografata sia quella della primavera del 1943. Il numero riportato è di 52 persone di cui due ariani, Boleslav Antonina, nata a Varsavia il 20 maggio 1906, internata a Monselice, e Vittorio Ruzic, nato a Sussa il 18 febbraio 1924, internato a Padova [13]. L’elenco comprende anche i 7 “congiunti di ribelli” internati a Grantorto, accanto ai cui nomi non è indicata tale definizione, ma sappiamo che sono tali dalle altre fonti qui presentate. Nonostante sui documenti le località di provenienza siano spesso scritte in maniera errata, è piuttosto evidente che i “congiunti di ribelli” provenivano proprio da quei comuni, Podhum e Jelenje, in cui le autorità militari italiane compirono dei massacri. Nel primo, il 12 luglio 1942, il processo di controllo e di fascistizzazione della zona si concretizzò in una strage ordinata direttamente da Temistocle Testa. Dopo aver raso al suolo la cittadina e aver ucciso un centinato di “ribelli”, altre 899 persone, tra cui molte donne e bambini, furono internate in Italia [14]. Lo stesso avvenne a Jelenje alla fine di maggio [15].
Tabella II – Congiunti di ribelli presenti a Grantorto
Petrovich Mattea | figlia di Stefano, nata a Padkum (Podhum, Jugoslavia) il 17.09.1894 |
Visic Antonia | figlia di Stefano, nata a Postumia (Podhum, Jugoslavia) il 19.11.1894 |
Visic Maria | figlia di Gustavo e di Antonia, nata a Padkum (Podhum, Jugoslavia) il 19.11.1928 |
Visic Abramo | figlio di Gustavo e di Antonia, nato a Padkum (Podhum, Jugoslavia) il 30.01.1930 |
Visic Nevenka | figlia di Gustavo e di Antonia, nata a Padkum (Podhum, Jugoslavia) l’11.08.1931 |
Visic Giuseppe | figlio di Gustavo e di Antonia, nato a Padkum (Podhum, Jugoslavia) il 17.03.1935 |
Visic Brighitte | figlia di Gustavo e di Antonia, nata a Padkum (Podhum, Jugoslavia) il 16.08.1936 |
Restano, quindi, 43 ebrei di cui 16 a Piove di Sacco, 8 a Torreglia, 5 ad Abano, 4 a Padova e a Cittadella, 3 a Monselice e a Monteortone. Si può già dire che l’elenco, inserito nella tabella III, mostra alcune lacune.
Ad esempio non conteggia Charlotte Fullenbaum, che in quel momento doveva avere circa 4 anni e mezzo e si trovava sicuramente con i suoi genitori. Manca pure Eugenio Lipschitz che effettivamente lasciò Piove di Sacco, anche se non c’è certezza sul periodo in cui ciò avvenne. Per Torreglia non furono segnalati due bambini, Ruth e Mirco, figli di Serafina Zwecher. Assente anche Laura Gluch che arrivò solo alla fine di luglio del 1943, cosa che consente di confermare la datazione del documento della Croce Rossa. Allo stesso modo non è riportato il nome di Rodolfo Langstein, internato a Padova, e di David Lobmann, studente a Padova e poi internato a Noventa Padovana. In quest’ultima città vengono indicati anche due internarti francesi, Maria Lucia Cathala e Paolo Souchon, presenti su un altro documento di cui purtroppo non si conoscono l’autore né la data [16].
Tabella III – I 43 ebrei stranieri presenti nell’elenco della Croce Rossa
1 | Chamades Berl | Piove di Sacco |
2 | Bieder Marta | |
3 | Fullembaum Wolf | |
4 | Wolchemarck Ester | |
5 | Maurer Israele | |
6 | Kohn Cornelia | |
7 | Langnas Ignazio | |
8 | Weinstein Dora | |
9 | Langnas Giuseppe | |
10 | Langnas Bettina | |
11 | Mstowski Davide | |
12 | Weiss Feiga | |
13 | Mstowski Hedwig | |
14 | Mstowski Jakob | |
15 | Mstowski Rosa | |
16 | Lipschitz Guglielmo | |
17 | Bindefeld Sigismondo | Monselice |
18 | Frieder Frieda Clara | |
19 | Bindefeld Clara | |
20 | Buchler Margit (Margherita) | Torreglia |
21 | Buchler Ilona Weiss | |
22 | Schmetterling Isidoro | |
23 | Engel Ettel | |
24 | Schmetterling Giuseppe | |
25 | Schmetterling Mira | |
26 | Weiss Elisabetta | |
27 | Zwecher Serafina | |
28 | Kienwald Leonardo | Padova |
29 | Oppenheim(er) Marta | |
30 | Schmierer Nathan | |
31 | Trauboner Giulio | |
32 | Lebl Guglielmo | Monteortone |
33 | Lebl Otto | |
34 | Schwalba Susanna | |
35 | Lederer Otto | Cittadella |
36 | Oppenheim(er) Ruza | |
37 | Lederer Ivo | |
38 | Lederer Mira | |
39 | Wiener Giulio | Abano Terme |
40 | Neumann Francesca | |
41 | Wiener Beruja | |
42 | Wiener Desiderio | |
43 | Pollak Davide |
Il 29 aprile 1943 Vittorelli trasmise al Ministero un “elenco numerico degli stranieri internati civili e familiari residenti in questa provincia” [17] (da qui in poi “fonte C”).
Tabella IV – Numero degli stranieri internati nel padovano (29 aprile 1943)
Maschi | Femmine | |
Apolidi ariani | 0 | 0 |
Apolidi ebrei | 4 | 1 |
Germanici ariani | 0 | 0 |
Germanici ebrei | 3 | 2 |
Polacchi ariani | 0 | 1 |
Polacchi ebrei | 6 | 8 |
Croati ariani | 0 | 0 |
Croati ebrei | 5 | 11 |
Ex jugoslavi ariani | 1 | 0 |
Ex jugoslavi ebrei | 2 | 1 |
Totale: 45 internati di cui 2 ariani e 43 ebrei (20 femmine e 23 maschi) |
Molto probabilmente si tratta di un quadro riassuntivo dell’elenco nominativo compilato per la Croce Rossa (fonte B). A fine aprile, infatti, i 7 congiunti di ribelli, indicati nella fonte B, erano stati spostati dalla provincia di Padova e quindi dai 52 della fonte B si scende ai 45 qui indicati.
L’accertamento di ulteriori presenze di internati può essere operato attraverso l’analisi del pagamento delle indennità agli agenti di pubblica sicurezza che li accompagnavano verso altri luoghi di internamento (fonte D). Si riportano qui i dati relativi al I, al III e al IV trimestre 1942-1943, datati rispettivamente 1° ottobre 1942, 1° aprile 1943 e 1° luglio 1943 [18].
Tabella V – Accompagnamenti degli internati
Accompagnamenti del I trimestre | |||
Sterk Andrea | 2 agenti | 1.7.1942 | Bari |
Valentini Giuseppe | 1 agente | 26.7.1942 | Istonio |
Zanella Raimondo | 1 agente | 28.7.1942 | Tremiti |
Pollak Oscar | 2 agenti | 17.8.1942 | Cosenza |
Accompagnamenti del III trimestre | |||
Gluk (Gluck) Arturo fu Ferdinando | 2 agenti | 9.2.1943 (foglio di via) – 11.2.1943 (arrivo) | Ferramonti |
Gluk Zlata fu Ignazio | |||
Gluk Kurt di Arturo | |||
Stern Erminia nata Schweizor (Schweizer) | |||
Accompagnamenti del IV trimestre | |||
11 internati minori [19] | 4 agenti | 13.4.1943 | Alatri |
Paies (Pajes) Chaim | 2 agenti | 27.4.1943 | Campagna |
Boleslav Antonina | 2 agenti | 5.5.1943 | Solofra |
Questi documenti sono importanti perché rivelano nomi di ebrei stranieri non presenti nelle altre fonti, proprio a causa del loro trasferimento. Si tratta di Andrea Sterk, Oskar Pollak, la famiglia Gluk (o Gluck) e Chaim Pajes [20]. Antonina Boleslav, invece, era già stata individuata nella fonte B come ariana. Zanella, classe 1914, comunista, fu arrestato la prima volta nel 1935 per poi essere confinato in diversi luoghi. Dopo l’armistizio entrò nelle fila dei partigiani con il nome di “Giani”. Per il “pericoloso” Valentini, bracciante di quasi 40 anni, si aprirono le porte del campo di Istonio Marina, uno dei primi campi se si pensa che era già attivo l’11 giugno 1940.
I 58 nomi stampigliati sul documento presente nell’Archivio di Stato di Padova potrebbero essere la soluzione a tutti gli interrogativi sul numero degli ebrei stranieri presenti nel padovano durante la guerra. In realtà la fonte E [21] è piuttosto problematica sia perché non è datata sia per il fatto che riporta dei nomi solo in parte coincidenti con quelli delle altre fonti analizzate. Anzi, si incontrano nomi sui quali è ben difficile esporsi, considerato che, se non in pochissimi casi, su di loro non sono stati aperti dei fascicoli specifici che possano restituire delle informazioni precise. Per quanto riguarda il periodo in cui il documento fu redatto, un paio di dettagli rinviano al settembre 1943 e comunque dopo l’armistizio, dato che, accanto al nome di Rodolfo Langstein compare una breve nota: “allontanatosi per ignota destinazione in questi giorni”. Si sa, dai documenti relativi a Langstein, di cui poi si parlerà, che era fuggito il 18 settembre 1943, quindi l’elenco deve risalire agli ultimi dieci giorni di settembre [22].
Accanto a questo elenco, l’Archivio di Stato di Padova ne conserva altri [23]. Data la consistenza della comunità ebraica presente in città, la burocrazia locale dovette affrontare lo sforzo non indifferente di registrare tutti gli ebrei, italiani e stranieri, discriminati e non discriminati, coniugati con ariani o meno, reperibili, vigilati. L’enorme responsabilità del fascismo, che si manifestò ovviamente in altri modi e momenti, può essere riassunta in quei fogli che risalgono ad un periodo successivo a quello del censimento del 1938. Sulla base di quei documenti e sui continui controlli effettuati in seguito, anche dopo l’armistizio e l’apertura del campo di concentramento provinciale di Vo’, è stata costruita un’architettura di nomi. Né va dimenticato che tra i documenti ci sono delle annotazioni in cui si fa esplicito riferimento a richieste provenienti non solo dalle autorità italiane, ma anche da parte dei tedeschi. Il passaggio, anzi il naturale scivolamento, tra “persecuzione dei diritti” e “persecuzione delle vite” era già in atto; la collaborazione tra fascismo e nazismo e la responsabilità della RSI un dato conclamato.
Uno di questi ulteriori elenchi contiene 555 nomi [24], vite offerte in pasto alla predazione, all’arresto, alla deportazione: cognome, nome, paternità, indirizzo, cittadinanza. Dal numero 500 al 555, e quindi alla fine della lista, sono riportati, nello stesso ordine, gli ebrei stranieri presenti sull’elenco di cui si è detto. L’unica differenza è l’assenza di Bela e Milivoi Schwarz, il che porta il totale da 58 a 56 ebrei stranieri. Nella parte iniziale dell’elenco (ai n. 18, 19 e 20) vanno segnalati Arturo Abrahamshon, Roberto e Claudio Ivan Abrahamshon figli di Arturo, tutti e tre residenti in via San Girolamo 3. Il primo dei tre, in realtà, coincide con Marcello (n. 1 della tabella sottostante), come risulta da altre fonti [25]. Nella lista dei 58 ebrei, invece, compare solo Marcello Arturo, senza i nomi di sua moglie e dei loro due figli, perché come già riscontrato era cattolica italiana e i figli erano quindi considerati non ebrei.
Sul totale di 58 ebrei stranieri presi qui in esame, 17 corrispondono alla fonte B e a loro si possono sicuramente aggiungere 23 familiari non conteggiati, arrivando ad un totale di 40 ebrei stranieri presenti [26]. Dei restanti 41, 17 sono già indicati nelle tabelle relative agli anni precedenti [27].
Tabella VI – Elenco degli ebrei stranieri residenti a Padova e provincia (settembre 1943)
N. | Cognome e nome | Abitazione | Cittadinanza |
1 | Abrahmsohn Marcello di Arminio | via San Girolamo, 3 – Padova | Ungherese |
2 | Adler Blima Moyar di Isidoro | via San Tommaso, 2 – Padova | Germanica |
3 | Bindefeld Sigismondo fu Wolf | Monselice | Polacca |
4 | Blau Ugo di Alberto | via Tommaseo, 52 – Padova | Ungherese |
5 | Blaustein Giorgio di Leone | Montagnana | Tedesco |
6 | Bassi Amelia in Cesana fu Angelo | via Cappelli, 5 – Padova | Greca |
7 | Cesana Alessandro di Abramino | via Cappelli, 5 – Padova | Greco |
8 | Cesana Girolamo di Moisè | via del Santo, 12 – Padova | Greco |
9 | Chamades Berl di Pinces | Internato a Piove di Sacco | Polacca |
10 | Denes Francesco Leopoldo di Giacomo | via San Francesco, 113 – Padova | Apolide |
11 | Ducci (Deutsch) Rodolfo di Carlo | via Damiano Chiesa, 4 – Padova | Apolide |
12 | Eichberg Agnes fu Felice in Kaufmann | via Guariento 8 int. 4 – Padova | Tedesca |
13 | Einstos Fritz (Federico) fu Paolo | via Speroni, 7 – Padova | Tedesco |
14 | Feilchenfeld Ella fu Sachna | via Guariento, 8 – Padova | Tedesca |
15 | Fogel Giulio di Lodovico e di Fried Matilde, nato il 16/11/1905 | via Gloria 9 – Padova | Ungherese |
16 | Frydmann Nechuma di Alessandro | via delle Piazze, 14 – Padova | Polacco |
17 | Frehlich / Frohlich Grete in Melgarini di Giuseppe | Borgoricco | Tedesca |
18 | Fullenbaum Wolf fu Abramo, nato a Ulanov | Internato a Piove di Sacco | Polacca |
19 | Gesess Elia di Simeone | via Roma, 18 – Padova | Apolide ex russo |
20 | Grassini Bianca in Cesana di Attilio | via del Santo, 12 – Padova | Greca |
21 | Hasens / Hazens Wolf di Hirssab | via Altinate, 45 e – Padova | Lettone |
22 | Kienwald Leonardo di Oscar | Via Brancaleone 19 a – Padova | Apolide |
23 | Krebs Adolfo di Caino | via delle Melette, 8 – Padova | Polacca |
24 | Krebs Caino fu Giacomo | ||
25 | Krebs Giuseppe di Caino | ||
26 | Krebs Robertina di Caino | ||
27 | Krebs Fanny Francesca di Caino | ||
28 | Langnas Ignazio di Nicomene | Internato a Piove di Sacco | Germanica |
29 | Lebl Otto di Marco | Teolo | Ex jugoslavo |
30 | Lilo Nissin di Juda | via Meneghini 4 a – Padova | Bulgaro |
31 | Lobmann Davide di Jakob | Noventa Padovana | Apolide ex polacco |
32 | Mstowski Davide fu Mosè | Internato a Piove di Sacco | Polacca |
33 | Maurer Israele di Myer | Internato a Piove di Sacco | Polacca |
34 | Merkel Leone di Isidoro | via Speroni 7 – Padova | Polacca |
35 | Polacco Nella fu Cesare in Blau | via Tommaseo, 52 – Padova | Ungherese |
36 | Rothschild Elisa (Elsie) Fanny fu Barne (Barnet) | via San Francesco 13 – Padova | Inglese |
37 | Rottmann Mstho di Davide | Camposampiero | Ungherese |
38 | Sarfatti Alberto fu Leone | via Barbarigo, 1 – Padova | Turco |
39 | Schlesinger Salo di Henrich | via Marsilio da Padova, 9 – Padova | Rumeno |
40 | Schmetterling Etel nata Engel di Mordko | Torreglia | Croata |
41 | Schmetterling Giuseppe di Isidoro | Torreglia | Croata |
42 | Schmierer Nathan di Schaye | Pontevigodarzere | Germanica |
43 | Schwarz Bela di Giuseppe | via dei Tadi, 13 – Padova | Apolide |
44 | Schwarz Milivoi di Ignazio | Camposampiero | Ex jugoslavo |
45 | Spiegel Selma ved. Lipper fu Filippo | via Papafava 13 – Padova | Germanica |
46 | Spiegel Alma (Anna) Aloisia fu Filippo | via Papafava, 13 – Padova | Germanica |
47 | Traubner Giulio fu Ignazio | via Battaglia, 93 – Padova | Apolide |
48 | Weiss Elisabetta in Schmetterling di Andor | Torreglia | Ex jugoslava |
49 | Westenberg Joseph fu Simone | Camposampiero | Germanico |
50 | Wiener Giulio fu Morach | Arre | Ex jugoslavo |
51 | Pollak Ottone fu Salomone | Castelbaldo | Apolide |
52 | Milch Mirco fu Francesco | residente Camposampiero | Ungherese |
53 | Krebs Martino di Caino | via delle Melette, 8 – Padova | Tedesco |
54 | Swecher Serafina in Engel | residente Torreglia | Croata |
55 | Buckler Margherita in Weiss di Ladislao | residente Torreglia | Croata |
56 | Buckler Ilona in Goldschein di Ladislao | residente Torreglia | Croata |
57 | Langstein Rodolfo fu Francesco | residente Cittadella | Boemo |
58 | Gluch (Gluck) Laura di Adolfo | residente Cittadella | Croata |
Se dal totale di 58 nomi, si sottraggono i 35 già noti, resta da approfondire la presenza dei 23 ebrei segnalati in questa fonte [28]. Alcuni di loro sono tra gli ebrei internati [29] di cui si parla nel libro “Vite nell’ombra” e, in parte, in questo sito. Di altri non ci sono informazioni sufficienti per ricostruire un profilo biografico soddisfacente [30]. Alcuni riemergono alla fine della guerra [31] cosa che permette almeno di conoscere il loro destino. Ci si può soffermare, però, su due percorsi in particolare: quelli di Agnes Eichberg e di Joseph Westenberg, legato ad Alma e Selma Spiegel.
Agnes Eichberg, figlia di Felix e Hermine Gutmann, era nata il 13 giugno 1874 a Crailsheim, in Germania. Della sua vita precedente fino all’arrivo in Italia si sa solo che aveva studiato per dieci anni nella scuola secondaria a Stoccarda, dove si era trasferita nel 1883 e aveva poi sposato un certo Kaufmann, un medico. La coppia andò a vivere a Dueheim dove il marito era direttore medico di un istituto per bambini da cui fu allontanato nel 1934 per motivi razziali. Temendo un ulteriore inasprimento delle persecuzioni, emigrarono in Lussemburgo e poi a Merano, dove il marito si ammalò nel 1938. Espulsi anche da Merano, secondo una traiettoria che si vedrà ad esempio nella storia dei Kienwald, arrivarono a Padova e questo spiega perché il suo nome non fu mai segnalato prima e perché compaia solo nel 1943. Morto il marito, rimase sola ad affrontare la prova più difficile di quegli anni. A dicembre del 1943 cominciò a fuggire e si nascose prima a Loreggia, da alcuni contadini, poi giunse a Falcade, in provincia di Belluno. Tornò a Padova nell’agosto del 1945 ed infatti il suo nome ricompare nuovamente sui cartellini dell’anagrafe della Comunità ebraica di Padova (da qui in poi, “fonte I”). Rimase in città fino al 1948 quando l’AJDC le disse di andare a Mantova dove sarebbe stata ospitata in una casa per anziani. Compilò due volte il questionario dell’IRO, nel 1946 e nel 1949, per ottenere protezione legale. All’estero aveva due nipoti, Fred Blaut, negli Stati Uniti, ed Ernst Blaut, in Australia, che contribuivano a sostenerla finanziariamente, anche se la stessa Agnes poteva contare su 70.000 £ di risparmi. Diversamente dagli altri ebrei che si rivolsero all’IRO, Agnes non voleva tornare nella patria che l’aveva esclusa e minacciata né desiderava emigrare. D’altronde si sentiva “troppo anziana per cominciare qualcosa in Germania” dove non aveva più niente e nessuno. “Voleva rimanere in Italia per il resto della sua vita” [32]. Resta la particolarità di un’ebrea straniera che rimase a Padova dal 1940 al 1943 senza risultare ufficialmente tra gli internati. In questo caso, come probabilmente in quello di Elisa Rothschild, l’età e il fatto che disponeva di risorse per non dipendere dal sussidio statale, le permisero di rimanere a Padova senza essere oggetto di particolari attenzioni. Ciò confermerebbe la pratica riscontrata nel padovano di non espellere né internare formalmente quegli ebrei stranieri che garantivano sulla propria stabilità economica e ai quali veniva accordata la possibilità di rimanere in città, come se rientrassero in una delle categorie a cui era stato permesso di entrare, seppur temporaneamente, “a scopo di turismo, diporto, cura, studio o affari”.
Anche Joseph Westenberg era tedesco. Nato il 26 febbraio 1872 a Gleidingen, nei pressi di Hannnover, era entrato in Italia nel maggio 1936, mentre la moglie, Aloisa Spiegel, nata nel 1871 ad Hagen, e la cognata, Selma Spiegel, nata nel 1860 a Herzfeld, erano arrivate a settembre. Proprio ad Hannover, Joseph aveva aperto il suo negozio di tessuti dopo aver completato gli studi secondari. Messo alle strette dalla politica nazista, partì per l’Italia. A Padova visse tranquillamente fino alla fuga quando passò in clandestinità a Camposampiero presso la famiglia di Amos Minerbi [33].
A Padova tornò nel 1945 e visse in via Cesare Battisti per due anni, prima di affidarsi all’IRO che lo inviò nei campi di Palese e di Barletta, fino al 1948, e poi a Mantova, nella stessa casa di ricovero della Eichberg, in via Gilberto Govi 11, accanto alla sinagoga Norsa Terrazzo.
Come la Eichberg, espresse la sua contrarietà al rientro in Germania, anche perché “sentiva dell’ancora presente antisemitismo conservato nei cuori del popolo. Un’altra ragione è che è troppo anziano per mantenersi con il suo proprio lavoro e i Comitati ebraici nella distrutta Germania sono piccoli e per questo non hanno mezzi per dargli l’assistenza di cui ha bisogno. È un uomo anziano e debole e desidera rimanere in Italia per il resto della sua vita” [34]. Il 17 agosto 1950 lasciò Mantova per essere trasferito alla casa di riposo di Venezia. Nessun accenno ai suoi familiari, se non l’annotazione “widower” accanto alla voce “civil status” su un documento dell’IRO.
Altre considerazioni sono possibili se si rivolge l’attenzione ad una serie di documenti che riportano il pagamento dei sussidi agli internati (fonte F). Il primo è un “rendiconto delle aperture di credito ricevute e delle somme erogate a tutto l’esercizio 1942-43. Spesa per internati”, datato 29 settembre 1943 e firmato dal prefetto di Padova. Bisogna premettere che viene indicato il capofamiglia e quindi non è possibile ricavare direttamente il numero degli internati. Conoscendo, però, l’ammontare del sussidio giornaliero [35], è possibile capire se il totale indicato si riferisce ad un solo internato o ad una famiglia [36]. I dati visibili nella tabella VIII provengono, invece, dalle ricevute di pagamento dei singoli comuni [37]. Sono senza dubbio documenti lacunosi, se si considera che alcuni internati, col passare dei mesi, si spostarono da un comune all’altro. Collegando tutti i documenti considerati, si può affermare che risultano complessivamente 22 ebrei stranieri e circa 72 congiunti di ribelli, un numero che si discosta dai 159 totali certificati da Vittorelli al 19 gennaio 1943 (fonte A). Bisogna, però, tenere in considerazione che molti dei congiunti di ribelli e alcuni degli ebrei nel frattempo erano stati spostati in campi di concentramento, proprio come effetto della richiesta di Vittorelli di alleggerire la provincia di Padova (si vedano le fonti A e D).
Tabella VII – Rendiconto delle aperture di credito ricevute e delle somme erogate a tutto l’esercizio 1942-43. Spesa per internati (datato 29 settembre 1943)
Comune | Cognome e nome | Periodo del sussidio |
Non indicato [38] | Barasco Giov. (1 persona) | da luglio 1942 a giugno 1943 |
Bindefeld S. (3 persone) | ||
Chamades I. B. (2 persone) | ||
Didic Giovanni (1 persona) | da luglio 1942 a maggio 1943 | |
Fullembann W. (3 persone) | da luglio 1942 a giugno 1943 | |
Langnas I. (4 persone) | ||
Maurer Isr. (2 persone). | ||
Mastowschy D. / Msrowschy D (5 persone) | ||
Castelbaldo | Petrovich (8 persone) | settembre – novembre 1942 |
Galliera | Stipic e Petrovich (4 persone) | settembre 1942 – febbraio 1943; maggio 1943 |
Petrovich | luglio 1943 | |
Galzignano | Bau/Ban Tomaso (7 persone) | settembre 1942 – febbraio 1943 |
Gazzo | Orbolt (5 persone) | settembre 1942 – febbraio 1943; agosto 1943 |
Grantorto | Visich (6 persone) | settembre ‘42 – febbraio ‘43; maggio-luglio ‘43 |
Mestrino | Bau/Ban Giuseppe (3 persone) | dicembre 1942; febbraio 1943; maggio 1943 |
Piombino | Totale spese senza nomi | agosto 1942 – gennaio 1943 |
Berchic M. (4 persone) | luglio 1942 | |
Bernech L. (1 persona) | ||
Iuretic Aug. (1 persona) | ||
Silic T. (1 persona) | ||
Zoretic C. (2 persone) | ||
Kukulion M. (3 persone) | ||
S. Urbano | Totale spese senza nomi | agosto 1942 – 13 aprile 43 |
Zaretic M. (2 persone) | luglio 1942 | |
Pitcic P. (2 persone) | ||
Zaretic A. (9 persone) | ||
Tombolo | Totale spese senza nomi | novembre 1942 – febbraio 1943 |
Torreglia | Totale spese senza nomi | aprile – giugno 1943 |
Vescovana | Totale spese senza nomi | novembre 1942 – 13 aprile 1943 |
Tabella VIII – Ricevute di pagamento dei sussidi agli internati da parte dei singoli comuni
Comune | Cognome e nome | Periodo del sussidio |
Vescovana | Ban Matteo, Genoveva (Genoveffa), Edenca – 15 anni, Bozzica – 11 anni, Giovanni – 9 anni, Maria – 7 anni | novembre 1942 – giugno 1943 (compreso il sussidio per l’alloggio*) |
Torreglia | Zwecher Serafina in Engel, Engel Ruth – 8,5 anni, Engel Mirco – 7 anni | aprile 1943 (*) |
Tombolo | Mrakovic Ana o Anna (sola) | novembre 1942; febbraio 1943 (*) |
Baretivic Paskvale (Pasquale) | febbraio 1943 (*) | |
Rosick Maria (moglie) | ||
Baretivic Giuseppina (figlio-38 anni) | ||
Sant’Urbano Congiunti di ribelli internati ammessi al sussidio | Zoretic Maria (famiglia di 2 persone) | agosto 1942 (*) |
Pilcic Paolina di Francesco | ||
Juchesich Matilde (figlia) | ||
Juretic Antonia fu Stefano e i figli Radetic Matilde, Dragic, Mariano, Maria, Lino, Giorgia, Emilio | agosto 1942; novembre 1942 (*) | |
Piombino Dese Congiunti di ribelli della provincia del Carnaro | Juretic Augusta (sola) | agosto 1942 (*) |
Bernilde Maria e le figlie Kukulion Drincha, Anna e Vilma | ||
Bernilde Liuba | ||
Silic Teresa | ||
Zoretic Caterina | ||
Silic Anna (figlia) | ||
Mestrino | Ban Giuseppe, Neljac Maria (moglie), Ban Maria (figlia) | dicembre 1942 – marzo 1943 (*) |
Grantorto – Congiunti di ex iugoslavi ribelli | Vicic/Visic Antonia e i figli Maria, Abramo, Nevenca, Brighitte, Giuseppe | agosto 1942: gennaio 1943; aprile-maggio 1943 (*) |
Gazzo Persone ex iugoslave, congiunti di ribelli | Orbolt Francesco, Orbolt Sreco di Francesco (figlio), Molnar Giuseppe di Giovanni (cognato), Turk Gabriele fu Antonio (cognato), Turk Stefano di Gabriele (nipote) | gennaio – febbraio 1943 (*) |
Battaglia Terme Congiunti di ribelli della provincia del Carnaro | Ban Tomaso di Giuseppe, Ban Paola di Giovanni (moglie), Ban Zlata di Tomaso (figlia), Ban Hinko di Giovanni (nipote), Orlas Blas di Blas (genero), Orlas Maria di Tomaso (figlia). Orlas Perislao di Blas (nipote) | gennaio 1943 (*) |
Galliera Veneta | Petrovic Mattea (sola) | dicembre 1942; marzo 1943 (*) |
Stipic Franca, Stipic-Resich Teresa (nuora), Stipic Maria (nipote) | dicembre 1942 (*) | |
Castelbaldo Congiunti di ribelli della provincia del Carnaro | Petrovic Giovanni, Lucia (nuora) e i nipoti Giuseppe, Stanco, Celesta, Matilde, Antonio e Vinco | ottobre 1942 (*) |
Piove di Sacco | Mstowsky Davide, Weis Feige (moglie), Mstowsky Edvige – 14 anni (figlia), Giacob – 12 anni (figlio), Rosa – 10 anni (figlia) | giugno 1943 (*) |
Maurer Israele e Majaur Cornelia (moglie) | ||
Langnas Ignazio, Weinstein Lora (moglie), Langnas Giuseppe (figlio), Langnas Bettina (figlia) | ||
Fullembaum Wolf, Wolkemack Ester (moglie), Fullembaum Carlotta (figlia) | ||
Chamades Zwas Berl e Bieder Marta (moglie) | ||
Monselice | Bindefeld Sigismondo, Frider Frieda (moglie), Bindefeld Clara – anni 14 (figlia) | giugno 1943 (*) |
Montegrotto | Didic Giovanni | maggio 1943 (*) |
Padova | Barasco Giovanna | aprile 1943; giugno 1943 (senza il sussidio per l’alloggio) |
Un ultimo documento del 1943 va analizzato per cercare ulteriori tracce di informazioni ufficiali sugli ebrei stranieri presenti nel padovano. Il 25 dicembre 1943, l’Ispettore Generale di P. S., Giuseppe Antoci, inviò da Brescia una relazione sulla “Situazione Politica, funzionamento dei servizi di P. S., attività della Polizia nella Provincia di Padova” [39]. Il testo serviva a inquadrare quanto accadeva nelle singole province della Repubblica Sociale Italiana e ad informare il Capo della Polizia, Tullio Tamburini. Le informazioni vanno lette con cautela, considerato il tono spesso autocelebrativo od omissivo, ma fornisce alcune cifre importanti: “In tutta la Provincia esistevano 388 ebrei Italiani non discriminati, 111 ebrei discriminati e 58 ebrei stranieri, molti di essi si sono allontanati e vuolsi che abbiano raggiunto la Svizzera. È stato approntato un campo di concentramento provinciale a Vò Vecchio per gli ebrei, attualmente ve ne sono custoditi 17”.
Si tratta di dati utili, ma che vanno sempre incrociati con altre fonti. Ad esempio, alla data del 24 dicembre 1943, l’“Elenco degli ebrei accompagnati nel campo di concentramento di Vò Euganeo” [40] riporta 46 nomi di ebrei italiani e stranieri di cui 20 furono rilasciati perché ultrasettantenni o di famiglia mista. I 26 internati non corrispondono quindi ai 17 indicati da Antoci. Probabile che quel dato sia stato raccolto tra il 10 e il 20 dicembre, periodo in cui erano presenti 37 ebrei, numero da cui vanno sempre sottratti i 20 rilasciati.
Al 1944 risale un’ulteriore comunicazione della Croce Rossa al Ministero dell’Interno (da qui in poi “fonte H”). Il 27 giugno, infatti, la Croce Rossa, scrivendo al dott. Lione, funzionario del Ministero dell’Interno, avvisò di essere riuscita a raccogliere i dati degli internati civili, suddivisi per provincia, “di tutte le regioni in mano tedesca” [41]. A Padova risultavano 52 internati, senza l’indicazione della “razza” o della causa di internamento. Per quanto riguarda le altre province venete si contavano 206 internati a Belluno, 437 a Rovigo, 310 a Treviso, 5 a Venezia, 50 a Verona, 561 a Vicenza. Considerando i numeri riportati, la comunicazione della Croce Rossa fotografava una situazione di gran lunga precedente al giugno 1944, sicuramente al periodo prima dell’armistizio, come si può facilmente cogliere dalla cifra indicata per Padova: i 52 internati corrispondono esattamente al numero indicato dalla Croce Rossa nella primavera del 1943 (fonte B).
Alle fonti considerate fin qui si aggiungono i dati ricavabili incrociando altri documenti. Ad esempio, analizzando le carte afferenti al fondo della scuola ebraica, presente nell’Archivio della Comunità Ebraica di Padova, attraverso lettere, pagelle, relazioni dei docenti, registri degli esami è possibile rintracciare anche i nomi di ebrei stranieri. Focalizzando l’attenzione solo sugli anni dell’internamento libero, 1941-1943, val la pena riportare i nomi degli studenti stranieri frequentanti le scuole elementari (o che si presentarono da privatisti agli esami) nell’anno scolastico 1942-1943 e annotati, dalle maestre Allegra Jacchia e Alessandra Montefiore, sul registro degli esami con l’indicazione dei dati anagrafici e dei voti [42]. Come si evince dalla sottostante tabella IX, si trova una conferma della presenza di Mirko e Ruth Engel, figli di Serafina Zwecher, non inseriti nell’elenco della Croce Rossa (fonte B) dove, invece, compaiono già i nomi di Rosa Mstowski, che nella sua testimonianza ricorda molto bene l’esperienza vissuta a scuola, e Jospeh Langnas. Si nota anche il nome di Roberto Abrahamsohn incontrato nella fonte E. Si scopre, inoltre, che, nonostante le limitazioni imposte agli ebrei internati nei comuni, a scuola ci fossero bambini di altre province venete come gli Hendel e i Kremer internati a Rovigo, Vera Steinhardt ad Enego, Carlo Lorant a Breganze, Ruth Schops a Camisano Vicentino, Edward Rubinfeld ad Albettone, i Kapper, cugini di Lorant, ad Agordo. Per Edward, così come per Pietro ed Eva Kapper, fu l’ultimo anno scolastico della loro vita. Arrestati con le rispettive famiglie furono deportati e uccisi ad Auschwitz rispettivamente a 13, 11 e 9 anni. Il primo fu caricato sul treno del 30 gennaio 1944, lo stesso convoglio della coetanea Liliana Segre, gli altri due furono tenuti nel campo di Vo’ per essere poi trasferiti alla Risiera di San Sabba prima di giungere ad Auschwitz il 3 agosto 1944.
Di questi bambini, come segno della costruzione di una normalità negli anni della guerra e come immagine della gioia per un corso di studi completato e che li proiettò verso l’estate del 1943, restano le pagelle finali del Ministero dell’Educazione Nazionale. La vittoria alata e il motto “Vincere” sigillano l’anno XXI dell’Era fascista [43].
Tabella IX – Bambini ebrei stranieri frequentanti la scuola ebraica di Padova (1942-1943)
Classe I | Enghel Mirko di Max e Salci Zwecher, Zagabria 29.9.1936; Handel Gizela di Wolf e di Hirshaut Golda, Zagabria 12.9.1936; Hendel Ruth di Eisig e di Weisman Ilona, Zagabria 26.4.1935; Kremer Wilko di Aron e Weisman Bertha, Kustosja 22.7.1934 |
Classe II | Enghel Ruth di Max e Salci Zwecher, Zagabria 24.12.1934; Frender Abramo fu Giuseppe e Michelson Bruna, Milano 7.1.1935; Kapper Eva di Gustavo e Lorent Trude, Lubiana |
Classe III | Kapper Pietro di Gustavo e Lorant Trude, Lubiana 13.7.1933; Mstowsky Rosa di David e Weis Fella, Hondenburg 14.4.1930; Steinhardt Vera di Ivo, Wien |
Classe IV | Abrahamsohn Rob. di Marcello e Bergo Giovanna, Padova 14.3.1934; Lorant Carlo, senza dati, Lubiana Schops Ruth di Aron e Bergner Amalia, Wien |
Classe V | Langnas Joseph di Ignazio e Weinstein Dora, Wien 23.6.1931; Rubinfeld Eduard di Chaim, Wien 25.1.1932 |
Della fine di quell’anno scolastico è una lettera di Alberto Goldbacher, direttore della scuola ebraica, inviata a Marcello Abrahamsohn: “Desidero farVI pervenire l’espressione della nostra riconoscenza per l’opera da Voi prestata nello scorso anno con la istruzione delle nostre allieve nella puericoltura, augurando che, se sarà necessario, vorrete rinnovare la prestazione dell’opera Vostra. Con distinti saluti” [44]. Non ce ne fu più la possibilità. Mentre l’anno scolastico 1943-1944 si aprì, seppur in ritardo e interrotto più volte dalle incursioni aeree, per gli studenti ebrei non ci fu nemmeno la consolazione della scuola ebraica. Le famiglie erano ormai impegnate a mettersi al riparo. Lo stesso Goldbacher, già arrestato e rilasciato a fine 1943, finì nella trappola nazifascista meno di un anno dopo. Partito da Bolzano il 24 ottobre 1944, fu ucciso all’arrivo ad Auschwitz quattro giorni più tardi.
Ci sono altri documenti che possono fornire importanti indicazioni sugli ebrei stranieri. Si tratta di frammenti, di stringhe di nomi, notizie arrivate fino in Italia dai campi di sterminio per dare un senso all’attesa di chi aspettava un ritorno dei propri cari. Dall’Archivio della Comunità ebraica di Padova emergono vertigini di nomi, un infinito percorso di ricerca che scorre fino a quando la mano può fermarsi su chi non c’è più o su chi è sopravvissuto. Si incrociano almeno tre correnti di richieste: quella del Comitato Ricerche Deportati Ebrei (CRDE) che pubblicava i bollettini d’informazione, le comunità ebraiche che chiedevano notizie sugli ebrei della propria comunità e parenti o amici che affidavano alle stesse comunità un appunto o una foto, sperando in una risposta.
Nato a Roma nel luglio 1944, dall’anno dopo, sotto l’impulso del colonnello Massimo Adolfo Vitale, il CRDE inviò continui elenchi con i nomi dei deportati, tra cui si trovano anche quelli di ebrei stranieri. Su Martino Krebs, ad esempio, ci sono più riscontri. In un “Elenco di deportati dei quali sono state richieste notizie alla comunità di Padova”, senza data, il suo nome è associato all’informazione sulla deportazione avvenuta il 10 luglio 1944 da Milano [45], mentre su un foglietto scritto a mano è Adolfo Krebs, in quel momento residente in via Sigieri 10, a Milano, a chiedere direttamente notizie sul fratello, fornendo le generalità e altre notizie utili: sposato, apolide, procuratore di banca. Una vita sintetizzata in pochi tratti [46]. Ancora. Il 6 giugno 1945 la Comunità Israelitica di Milano trasmise a quella di Padova il “1° elenco di Deportati Ebrei, denunciati alla nostra Comunità”. Tra i 502 nomi in elenco, al n. 265, si trova Martino Krebs, arrestato a Milano il 10 luglio 1944 e trattenuto in carcere [47]. A fine settembre, sempre da Milano, un “Elenco degli ebrei deceduti nei campi tedeschi secondo notizie da noi raccolte” [48] riportava il nome di Martino, deportato da Fossoli il 1° agosto 1944 e morto a Charlottegrube [49] nel dicembre 1944, secondo le informazioni di Vittorio Naim di Milano [50]. Il cortocircuito del ricercatore: conoscere, a distanza di anni, i contorni di una storia e specchiarsi negli occhi di un familiare che nel dopoguerra cerca di dare un significato alla dicitura “partito per ignota destinazione” e di mettere insieme i frammenti presenti nelle diverse comunicazioni.
Adolfo Krebs aveva subito un’ulteriore perdita, quella dell’altro fratello, Giuseppe. In una scheda compilata il 10 giugno 1945 per la Comunità Israelitica di Padova, si legge che Giuseppe era stato arrestato il 6 ottobre 1944 a Venezia, presso l’ospedale psichiatrico San Clemente, e poi portato a Trieste [51]. Secondo il CDEC, Giuseppe morì in un eccidio nel campo di San Sabba [52]. Si nota, ancora una volta, come le singole storie s’intreccino con una molteplicità di luoghi, tale che, attraverso le biografie, è possibile fare riferimento ai punti chiave della deportazione dal Veneto e dall’Italia. Negli ospedali psichiatrici erano ricoverati 15 pazienti ebrei e precisamente 6 a San Clemente e 9 a San Servolo. Secondo la ricostruzione di Fiora Gaspari, sei erano ricoverati da qualche anno, mentre quasi tutti gli altri erano entrati in ospedale tra ottobre e dicembre 1943. L’ultimo fu proprio Giuseppe, ricoverato il 26 agosto 1944 [53], proveniente dalla Casa di Salute Fate-bene-fratelli di Venezia. È molto importante evidenziare che nella cartella clinica di Giuseppe è indicato due volte il verbo “ritirare”: nel primo caso in una nota apposta sul frontespizio della cartella stessa in cui si avverte che “in caso di dimissione preavvisare la Questura di Padova che deve ritirarlo perché ebreo”; nel secondo, accanto alla data del 6 ottobre, nella frase “ritirato dalla Pubblica Sicurezza” [54]. Le autorità padovane sapevano, dunque, dove fosse l’ebreo che evidentemente avevano cercato, come tutti gli altri, ed erano riusciti a rintracciarlo. Un “pezzo” viene quindi “ritirato”, con una perfetta collaborazione, da un vice-commissario di P. S. e da militari tedeschi, insieme ad altri quattro ebrei da San Clemente, mentre l’11 ottobre furono portati via i sei pazienti di San Servolo [55].
Dopo essere stato raggiunto dalle notizie sulla morte dei fratelli, Adolfo fece un passo in più. Si rivolse alla Comunità di Padova che, nell’inoltrare la richiesta al Cav. Avv. Prof. Gino Bassi di Venezia, scrisse: “Egregio Avvocato, Le presento il sig. Adolfo Krebs che dimorò per molti anni nella nostra città. Egli ebbe un fratello deportato dall’Ospedale Psichiatrico di Venezia, ove si trovava ricoverato per alienazione mentale ed ora cerca di ottenere la condanna del funzionario responsabile di tale deportazione. Veda, La prego, se e che cosa si possa ancora fare in suo favore” [56]. Una ricerca di giustizia senza sbocco.
Oltre al caso di Krebs, i documenti restituiscono informazioni su altri ebrei italiani e stranieri residenti o internati in Veneto. Si possono trovare, ad esempio, riferimenti ai Gesses (sic), ai Ducci, alle sorelle Bucci e al cugino De Simone [57]. In quasi tutti i casi si nota che già tra il 1945 e il 1946, almeno all’interno delle Comunità e della rete che forniva informazioni, dalla quale non va esclusa la collaborazione del governo, c’era una forte consapevolezza di ciò che era accaduto, dei campi di sterminio così come dei campi di concentramento italiani. Si citano Fossoli, la Risiera, Bolzano, ma anche il campo di Vo’. Certamente non ci si trova di fronte ad un’informazione completa, ma il livello di conoscenza e la capacità di cominciare subito a costruire una memoria di quanto accaduto e delle vite degli ebrei scomparsi, anche attraverso raccolte di fondi, celebrazioni, l’istituzione di giardini dedicati ai deportati uccisi nella Shoah, colpiscono se comparate al lungo oblio che ne è seguito e su cui molte riflessioni sono state spese.
Tra i documenti appare opportuno ricordarne alcuni che riguardano sia gli ebrei stranieri sia coloro che avevano origini straniere e tali erano considerati nelle varie relazioni e fonti considerate, ma che in realtà avevano ottenuto la cittadinanza italiana per poi perderla con le leggi razziali. Si tratta di persone alle quali, dopo le leggi razziali, non fu intimato di lasciare il Regno né furono internate: la famiglia Cesana e Bianca Grassini, di origine greca, i Ducci, già Deutsch, diventati apolidi, i Gesess (il capofamiglia, Elia, era russo), Alberto Sarfatti, turco, e Nella Polacco, sposata con Blau, ungherese. I Gesess compaiono già su un documento del 20 agosto 1945 inviato dalla Comunità Israelitica di Torino a quella di Padova. Di Elia veniva riportato il numero di matricola, 119628, e la morte avvenuta a Dachau il 15 febbraio 1945, in base alle notizie fornite dal CLN del campo alla Missione Pontifica, attraverso Padre Manziana dell’Oratorio della Pace di Brescia [58]. Della moglie, Ada Ancona, e della figlia, Sara, le informazioni di Bruno Piazza, Laura Austerlitz, Rita Tisminiesky, confermate da Angela Corbati, tutti di Trieste, dicono solo che furono “trasportate dai tedeschi per ignota destinazione”. Nel II elenco trasmesso dalla Comunità di Milano e risalente al 30 novembre 1945, i tre membri della famiglia Gesess risultano tra i 105 ebrei deceduti nei campi tedeschi, tra cui sono annoverati molti padovani. Questa volta l’informazione viene da Sylva Sabbadini: Elia morto di tifo, Ada e Sara selezionate all’arrivo [59]. Il nome di Sara è riportato anche in un doloroso elenco di cinque bambini “deportati da Padova per opera di nazifascisti” che la Comunità di Padova inviò il 22 aprile 1947 al CRDE per rispondere ad una precisa richiesta. Venivano così fornite le generalità e i segni caratteristici presenti sul corpo dei bambini. Solo per un bambino è presente quest’ultimo dettaglio: una cicatrice sul mento di Alvise Levi. Per gli altri, Sara, Giorgio Amos, Giancarlo e Vittorio Foà, furono inviati solo i dati anagrafici [60].
Il nome dei Ducci torna più volte. Già il 13 luglio 1945, di Teo Ducci, residente a Padova con la famiglia e deportato poi da Firenze, il dott. Calore evidenziava che era stato liberato a Mauthausen e “dovrebbe già essere a Firenze” [61]. Nello stesso elenco compaiono notizie su Nedo Fiano, recuperate dall’Avanti, e su Zuchermann di Padova, liberato a Dachau. Quest’ultimo cognome appare come un dato sorprendente. Eppure, se si guarda all’elenco degli ebrei stranieri residenti a Padova, datato 2 giugno 1936, potrebbe corrispondere con Michele Zuchermann.
Teo Ducci compare anche nell’elenco dei reduci del 9 novembre 1945, lo stesso su cui si trova Ester Hammer [62] il cui nome è riportato, con quello di Sylva Sabbadini, pure sul bollettino d’informazioni n. 5 del CRDE del 24 agosto 1945. Delle due donne deportate dal campo di Vo’ si parlava ancora il 30 settembre, questa volta con un’informazione fornita, presso la comunità di Bologna, da Rachele Cugno di Rodi che le aveva viste salve ad Auschwitz dopo la liberazione [63].
Venendo agli ebrei stranieri, sul già citato II elenco del 30 novembre 1945, si hanno riscontri su Clara e Sigismondo Bindefeld, Frieder Frida, Eva e Pietro Kapper, Gertrude Lorent ed Elsa Rothschild, tutti selezionati all’arrivo, come comunicato da Sylva Sabbadini.
Un’altra busta dell’Archivio della Comunità ebraica di Padova contiene le schede anagrafiche di ciascun ebreo presentatosi a Padova dopo la guerra perché già appartenente alla comunità ebraica o perché questa poteva essere un punto di riferimento provvisorio in vista del trasferimento in altri comuni italiani o all’estero.
Tabella X – Schede anagrafiche degli ebrei stranieri presentatisi alla Comunità ebraica di Padova dopo la guerra.
Abrahamsohn Marcello | fu Arminio e Lövi Emilia, nata a Sarbogard – Ungheria 15.1.1912 | Dentista, medico-chirurgo |
Bergo Giovanna | di Vitaliano e Babilla Carbonin, nata a Padova il 13.1.1907 | Ungheresi; in via S. Girolamo, 3 |
Abrahamsohn Roberto | di Marcello e di Giovanna Bergo, Padova, 14.3.1934 | |
Abrahamsohn Claudio | di Marcello e di Giovanna Bergo, Padova, 7.6.1938 | |
Barabas Silvio | di Samuele e Kabilio (Cabiglio) Sara. Nato a Sarajevo il 10.6.1920 | Studente. A Padova in via Gattamelata, 8 prof. avv. Achille Levi. Emigrato in America |
Cesana Angelo | di Alessandro e Bassi Amelia, nato a Milano il 5.2.1922 | In via Stefania Imboni, 2 |
Angeli Paola | di Bruno e Elda Angeli, nata a Padova il 30.7.1920 | |
Cesana Liana | nata a Padova il 28.8.1948 | |
Cesana Alessandro | fu Abramo, nato a Venezia il 7.7.1897 | In via Stefania Omboni, 2. In un’altra scheda: nazionalità greca, professione viaggiatore; Milano via Amedei, 3 – Padova via Sansovino, 7 |
Bassi Amelia | fu Angelo e Fanzago, nata a Milano il 18.9.1898 | In via Stefania Omboni, 2 |
Eichberg Agnes | Ved. Kaufmann, fu Felice ed Erminia Guttmann, nata a Greilsheim il 13.6.1874 | Apolide. Possidente. Prima a Padova. Ora in via S. Fermo, 10 (cancellato: Falcade villa Piccolini) |
Einstoss Federico Fritz | fu Paolo e di Jenny Jacob, nato ad Augsbrug il 6.2.1904 | Coniugato, apolide, impiegato d’albergo. A Padova dal 1936. Ora: via Speroni, 7 |
Feilchenfeld Ella | ved. Cognome: Lissner. Fu Sachner e fu Costanza Kohn, nata a Tohru (?) nel novembre 1869 | Apolide. Casalinga. Già a Padova. Ora: Falcade (Belluno) villa Piccolin – cancellato – sul retro: via S. Fermo, 10 |
Klein Giulio | di Michele e di Regina Washestrong (?), nato a Dees (Ungheria) il 5.1.1911 | Coniugato. Ungherese. Medico. Ora a Padova in via Bartolomeo Cristofori, 17 |
Krebs Adolfo | Celibe, apolide | |
Krebs Francesca | Casalinga – apolide Limena via Chiesa presso De Rossi | |
Krebs Robertina | Nubile, polacca, modista Chiesanuova, via delle Cave, 221 | |
Langstein Rodolfo | di Francesco Giuseppe e fu Carlotta Hermann nato a N. Bydzov il 4.11.1884 | Vedovo. Cecoslovacco. Direttore di stabilimento. Ora in via S. Francesco, 77 |
Lang Carlo | di Giacomo e Franciska(?), nato a Žatec (Cecoslov.) il 22.7.1879 | Ora in vicolo Altinate, 2 |
Lang Irma | Di Leopoldo Karl e Agnese, nata a Žatec il 6.11.1883 | Casalinga. Ora a Padova |
Lobman David | di Jacob e Sara Granowitter, nato a Bolechow (Galizia) il 13.2.1914 | Celibe. Apolide. Medico oculista. Prima 1934 Padova. Ora in via Agnusdei, 20 (indirizzo cancellato) |
Maurer Israel | fu Mayer e fu Elena Tretter, nato a Tlumacz (Polonia) il 28.11.1888 | |
Kohn Cornelia in Maurer | fu Jakob e fu Resie Fischer, nata a Holleschau (Cecoslovacchia) il 31.10.1895 | Coniugati. Apolidi. Lei casalinga. Già internati a Piove di Sacco dove risultano dopo la guerra |
Nella Blau Polacco | fu Ugo e di Bice Ravenna, nata a Padova il 20.7.1896 | Coniugata, ungherese, impiegata. Prima a Padova in via Tommaseo, 52, ora in via Isidoro Wiel dove è indicata anche la madre, Ravenna Bice |
Reznik Isacco | fu Davide e Pescha Lipschitz nata a Slouim il 3.1.1911 | Coniugato, medico, apolide. Prima a Padova c/o Borgato via Belzoni 74, ora Padova, via S. Martino e Solferino 11 |
Rosenbach Jonas | Studente in medicina, sposato, polacco, via S. Massimo 4 (v. tabella 6) | |
Rosenbach Teresa | di Baruch e Sara Bodranowska, nata a Poznan il 19.4.1924 | Polacca |
Rosenbach Jerzy | di Jonas e di Teresa Bodranowska, nata a Padova il 2.4.1946 | |
Rottman Max | fu David e fu Regina Schwarz, nato nel 1892 | Coniugato ed 1 figlio, jugoslavo, impiegato. Provenienza: Zagabria. Ora: via Locatelli, 14 |
Giuseppina Kohn in Rottman | di Ignazio e Regina Gestetner, nata a Bellovord (Croazia) il 16.4.1892 | Coniugata, casalinga. Ora: via Locatelli 14. |
Sarfatti Alberto | fu Leone e Clara Eskenazi, nato a Costantinopoli il 12.11.1893 | Coniugato. Turco. Commerciante |
Sarfatti Giuseppe | fu Leone, nato a Costantinopoli il 31.3.1924 | Celibe. Turco. Studente. Ora: Ponte Barbarigo, 1 |
Sarfatti Jole | fu Giacobbe e fu Gilberta Adefna, nata a Costantinopoli il 17.6.1893 | Casalinga. Turca |
Schwarcz Bela | di Giuseppe e Teresa Hirsch nato a Suplac (Romania) il 3.4.1904 | Coniugato, Italiano. Ingegnere. Ora in via Tadi, 13 |
Schwarz Giulio | fu Simone e fu Rosa Alter, nato a Nespes (Zagabria) il 5.2.1867 | Coniugato. Jugoslavo, Ex impiegato. Prima: Zagabria. Ora ad Abano, Albergo Menegli – scritta cancellata; Padova, via Livello, 20. |
Schwartz Aurelio | di Giulia e di Ida Roger, nato a Zagabria il 29.6.1910 | |
Szöllősi Oscar | fu Martino e Herman Berta, nato ad Hatvan (Ungheria) il 10.4.1909 | Vedovo, Ungherese. Medico. Ora a Chioggia Calle Corona, 27 |
Traubner Giulio | fu Ignazio e fu Rachele Temerl, nato a Leopoli il 20.12.1881 | Apolide ex italiano. Direttore industria forestale a riposo. Antica residenza: Trieste. Ora in strada Battaglia 93 Bassanello presso Paoli. |
Oppenheim Marta in Traubner | fu Sigismondo e Anna Goldstein, nata a Vienna il 15.3.1879 | Apolide ex italiana. Casalinga. Antica residenza: Trieste. Ora in strada Battaglia 93 Bassanello presso Paoli. |
Westemborg Josep | fu Simone e fu Giannetta, nato il 26.2.1872 | Coniugato. Tedesco. Commerciante. Antica residenza: Padova, via Papafava 13; ora in via Battisti, 43 (sul retro: Limena, via Livello 3 presso Antonio Peruzzo) |
Se si eccettuano alcuni casi, gli altri ebrei hanno un riscontro in precedenti documenti. Complessivamente, quindi, i documenti dell’Archivio della Comunità Ebraica di Padova non contengono indicazioni precise sul numero degli ebrei stranieri, ma si rivelano importanti fonti del legame che si stabilì tra costoro e il territorio, oltre che di particolari sulle loro vite.
Tra le eccezioni vanno annoverati i Lang e Silvio Barabas. Se dei primi ci sono alcuni cenni che si riferiscono al 1940, Barabas non emerge da nessun’altra fonte. Val la pena soffermarsi su di lui per alcuni aspetti significativi della sua storia e perché pare evidente che, alla fine della guerra, molti ex internati, a maggior ragione in quanto stranieri, sentirono la necessità di avere un solido sostegno, religioso e socio-economico, e lo trovarono nelle comunità ebraiche o nell’Università dove riprendere gli studi per riallacciare i fili delle proprie vite e guardare al futuro.
Il 22 agosto 1949, a Verona, Silvio Barabas, nato a Sarajevo il 10 giugno 1920, compilò il modulo di assistenza dell’IRO [64]. La voce “places of residence for last 12 years” si apre con i tre anni vissuti in Abdica ulica 7 a Sarajevo, dal 1938 al 1941. Con l’arrivo dei tedeschi in Jugoslavia, i genitori furono deportati. Lui si spostò a Spalato dove fu arrestato dagli italiani che, con il convoglio del 30 novembre 1941, lo portarono in Italia e lo internarono a Cison di Valmarino. Secondo Ceschin, dopo l’armistizio si nascose a Tarzo, ma fu catturato dalla milizia fascista nel dicembre 1943 a causa di una delazione e inviato nel campo di Fossoli [65]. Prima, però, come evidenziato da Silvio all’IRO, fu condotto nel carcere di Vittorio Veneto. Il 22 febbraio 1944 fu deportato ad Auschwitz dove fu registrato con il numero di matricola 174473 [66]. Il percorso arresto-Fossoli-Auschwitz fu lo stesso di moltissimi ebrei, tra cui Primo Levi con cui non ebbe in comune solo le tappe di quella discesa agli inferi, ma anche i tempi, considerando che furono deportati con lo stesso convoglio. Dopo la guerra Barabas e Levi ebbero uno scambio epistolare. La testimonianza di Silvio fu fondamentale perché fornì a Levi un resoconto dettagliato dell’evacuazione di Auschwitz [67]. Infatti, Silvio fu condotto, dal gennaio al marzo 1945, a Buchenwald e poi fino ad aprile a Bissingen, nei dintorni di Dachau, dove fu liberato dagli americani. In quella “marcia della morte”, i tedeschi ammassarono fino a 140 persone in ciascun vagone, quando c’erano dei tratti in cui potevano essere utilizzati dei treni. Gli ebrei ricevettero un solo pasto al giorno e la mortalità, stimata dallo stesso Barabas, fu di circa il 30% durante il viaggio e di un altro 20% dopo l’arrivo a Buchenwald [68].
Dopo la liberazione, Silvio rimase fino a settembre a Feldafing, dove lavorò per l’UNRRA. Ad agosto del 1945 tornò a Padova dove frequentò la facoltà di Chimica fino al raggiungimento della laurea, come certifica l’attestato rilasciato il 28 marzo 1950 dal rettore Guido Ferro [69]. A quell’epoca viveva in via Gattamelata 8, presso l’avvocato Levi, e lavorò all’Istituto di Chimica. Il suo desiderio era di terminare gli studi e di partire per la Palestina. Non mostrò nessuna intenzione di tornare in Jugoslavia, “perché lì non ha nessuno e perché è terrificato dal pensiero di vivere nel paese dove ha perso tutto” [70]. Riconosciuto “eleggibile”, fu inviato nel campo dell’IRO a Bagnoli dove fu impiegato come analista clinico presso il locale Ospedale [71]. In una nuova intervista rilasciata all’IRO di Bagnoli [72], oltre a motivare l’opposizione al ritorno in Jugoslavia con il sopraggiunto regime comunista, chiese di essere trasferito negli Stati Uniti e non in Palestina perché “non potrei lavorare nel mio campo, la chimica, ma solo come contadino. Gli Stati Uniti sono il solo paese dove posso usare meglio le mie conoscenze e capacità”. Il 18 gennaio 1951 firmò una dichiarazione dell’IRO in cui affermava che avrebbe accettato “qualsiasi ragionevole offerta di lavoro qualunque sia il paese disposto a ricevermi” [73]. Così nell’autunno di quell’anno ottenne il permesso di emigrare in Canada dove è morto nel 2006.
Le autorità dell’epoca sembrano considerare insieme ed inserire sotto l’etichetta “stranieri ebrei” persone con storie decisamente diverse. Questo è il motivo per cui nelle liste si trovano almeno tre sottocategorie: gli ebrei stranieri stabilitisi a Padova e sposati con italiane/i; gli ebrei giunti agli inizi del secolo o negli anni Trenta che sono rimasti sul territorio padovano; gli internati veri e propri, con particolare riferimento al periodo 1941-1943. Ciò che può generare confusione è l’atteggiamento tenuto all’amministrazione fascista che, in diversi casi, non provvedeva a formalizzare l’internamento, ma concedeva il permesso di residenza in un comune della provincia purché gli ebrei provvedessero al loro mantenimento senza richiedere il sussidio. Questa interpretazione creò anche la necessità di chiarimenti tra internati e Prefettura e tra quest’ultima e il Ministero. In base alle leggi razziali, alla legge di guerra e alle numerose circolari che si susseguirono anche durante il conflitto, gli ebrei stranieri (con cittadinanza non italiana o apolidi, compreso quelli che persero la cittadinanza italiana), o almeno gli uomini, dovevano essere internati, ma in alcuni casi ciò non avvenne. Addirittura alcuni ebrei, che avevano dichiarato di potersi mantenere da soli, una volta finiti i risparmi, dovettero chiedere di essere internati per poter così accedere al sussidio, ma per far questo dovevano accettare il trasferimento dalla località in cui si trovavano ad un campo di concentramento dell’Italia meridionale. È una questione che si analizzerà con lo studio dei singoli casi. Particolare la storia di Leonardo Kienwald, che appare sia nell’elenco della Croce Rossa (fonte B) sia in quello della Prefettura di Padova (fonte E), perché effettivamente nel 1943 si trovava a Padova, ma per motivi di studio, essendo ufficialmente internato con la famiglia a Castelnuovo di Garfagnana. Si può, dunque, distinguere tra gli ebrei stranieri presenti nel padovano e quelli considerati effettivamente come internati. L’oscillazione, nelle fonti, tra le 43 e le 79 presenze, dati già di per sé incompleti, risente di queste considerazioni, oltre che del momento in cui furono redatti i documenti. Per determinare il totale degli ebrei stranieri è quindi necessario tenere in considerazione tutte le fonti, ma in particolare la A, la B, la D e la E, poiché le altre riprendono in tutto o in parte i dati lì riportati. Immaginando che fossero presenti tutti nello stesso momento, il totale ammonterebbe a 93 ebrei stranieri [74]. Pur così calcolata, questa cifra subisce gli effetti della pratica adottata dalle autorità di omettere i familiari del capofamiglia, che sono stati fin qui conteggiati solo per gli internati. Incrociando tutte le fonti, il totale salirebbe così a 106 [75]. Gli internati veri e propri furono 58 [76].
NOTE
[1] Documento del 19 gennaio 1943 presente su http://campifascisti.it/documento_doc.php?n=1719.
[2] Carlo Spartaco Capogreco, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), Einaudi, Torino 2004, pp. 251-252. Sul campo di Chiesanuova si veda Davide Gobbo, L’occupazione fascista della Jugoslavia e i campi di concentramento per civili jugoslavi in Veneto. Chiesanuova e Monigo (1942-1943), CIERRE, Sommacamapagna 2011, pp. 99-123.
[3] Da notare che in un documento senza data venivano indicati come comuni idonei “a ricevere persone a domicilio obbligato”, per posizione e presenza della stazione dei Carabinieri, quelli di Bovolenta, Piove di Sacco, Stanghella e Vigodarzere. Come spesso accadeva, nella realtà dei fatti, i luoghi di internamento si moltiplicarono.
[4] Dal gruppo dei ebrei internati a Piove di Sacco mancano Charlotte Fullenbaum ed Eugenio Lipschitz.
[5] In realtà la famiglia era composta da quattro persone: Arturo Gluck, Zlata Gluck (nata Stern), Kurt Gluck, Erminia Stern (nata Schweizer, madre di Zlata).
[6] Da Galliera Veneta furono spostati gli Stipic (Franca, Teresa e Maria); da Gazzo Padovano Francesco e Sveko Orbolt, Giuseppe Molnar, Gabriele e Stefano Turk; da Grantorto i Visic (Antonia, Maria, Abramo, Nevenka, Giuseppe, Brighite) e Mattea Petrovich.
[7] Lasciarono Galzignano Tommaso, Paola, Itala e Hinko Bau, Blas, Maria e Perislavo Orlas. Da Vescovana partirono Matteo, Genoveffa, Rdenka, Bosica, Giovanni e Maria Bau).
[8] Da Piombino partirono Caterina Zoretic, Anna e Teresa Silic, Liuba Mernelic, Mattea, Drinka, Anna e Vilma Kukulian, Francesco e Jagna Colianic, Augusta Juretic; da Tombolo Anna Zic, Pasquale e Giuseppina Baretich, Maria Rosic Maria; da Mestrino Giuseppe e Maria Ban, Antonia Neliac.
[9] Si tratta di Maria Zoretic, Stanka e Paolina Filcior, Matilde Luchersich, Antonia Juretich, Matilde, Dragic, Maria, Mariano, Lino, Giorgia ed Emilio Radetich.
[10] ACS, MI, DGPS DAGR, A16, Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b 16, f. 53 Padova. Il Questore di Padova scrisse al Comando degli agenti di P. S.: “Disporre che in giornata n. 4 Agenti di P. S. si rechino in accompagnamento ad Alatri (Frosinone) dei sottonotati minorenni che devono essere consegnati alla Direzione di quel Campo di Concentramento. 1°) Ban Bdencha di Matteo e di Bau Genoveffa, nata 1927 a Podkrom; 2°) Ban Bosica dei suddetti nata Podkrom 1931; 3°) Ban Giovanni dei suddetti, nato 1933 a Podkrom; 4°) Ban Maria dei suddetti, nata 1935 a Podkrom; 5°) Ficior Stanka di Raffaele e di Zoretich Maria nata Jelenie 30.10.1939; 6°) Radetich Dragica di Matteo e di Juratic Antonia nata Jelenie 21.7.1927; 7°) Radetich Maria dei suddetti nata Jelenie 28.6.1932; 8°) Radetich Lino dei suddetti nato Jelenie 13.9.1934; 9°) Radetich Mariano dei suddetti nato Jelenie 27.8.937; 10°) Radetich Emilio dei suddetti nato Jelenie 30.9.938; 11°) Radetich Giorgino dei suddetti nato Jelenie 30.9.39.
[11] Si vedano le successive tabelle relative alla fonte D.
[12] A Rovigo risultavano 128 internati di cui 1 ariano; a Venezia 8 internati, di cui 1 ariano, al 12 marzo 1943; 550 a Vicenza, di cui 12 ariani e 1 ortodossa, al 1° maggio 1943; a Treviso, alla data del 31 maggio 1943, c’erano 408 internati di cui 55 ariani; 29 internati a Verona, di cui 1 ariano, al 27 ottobre 1943. Fonte: ACS, MI, Dgps, Dagr, A16 (Stranieri ed ebrei stranieri), Affari generali, bb. 52 e 53.
[13] Su Ruzic le informazioni sono confermate anche dall’ITS (https://collections.arolsen-archives.org/archive/473817/?p=1&s=ruzic%20vittorio&doc_id=473817).
[14] Si veda Giacomo Scotti, Quando i soldati italiani fucilarono tutti gli abitanti di Podhum in Patria indipendente, 2012, pp. 27-34.
[15] Ugo Pellini, Temistocle Testa in Ricerche Storiche, n. 101, Istoreco 2006, pp. 49-50.
[16] Il documento, “Elenco dei francesi internati in comuni o località delle varie provincie” è stato pubblicato sul sito http://campifascisti.it/documento_doc.php?n=4197. In Veneto vengono segnalati anche Lucienne Rouche di Giacomo ad Asolo, Emilia Ferrari fu Isidoro e Cesare Bidoli fu Lorenzo a Conegliano, Susanna Gabriella Delacroix di Alfredo a Cison di Valmarino, Georgette Bel di Giorgio a Cason, Augustine Dulont a Venezia, Maria Luisa Iourdan di Giovanni a Verona.
[17] ACS, MI, DGPS DAGR, A16, Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b 16, f. 53 Padova. Risposta a nota 32507 del 22 aprile 1943. Si fa notare che due mesi dopo, il 25 giugno 1943, nella relazione sulla situazione politico-economica della provincia di Padova, la Questura scriveva: “Il numero degli ebrei qui residenti tende sempre ad aumentare perché molti sono quelli che da altre provincie ed anche stranieri chiedono il soggiorno a scopo di cura nella zona idro-termale di Abano”. Si veda ACS, MI, DGPS DAGR, RSI 1943-1945, b. 12.
[18] Ivi.
[19] Si tratta degli 11 bambini indicati alla fonte A.
[20] Chaim Pajes in realtà compariva già nell’elenco degli ebrei stranieri arrestati nel 1940 (tabella 14). Di conseguenza si tratta con tutta probabilità di un permesso temporaneo ricevuto da Pajes.
[21] Elenco degli ebrei stranieri residenti a Padova e provincia in ASPD, fondo Questura, b. 47.
[22] Un altro dettaglio: accanto al nome di Wiener Giulio è indicata la località di Arre dove lui arrivò nel giugno del 1943. Anche questo dato aiuta a datare il documento, anche se in modo più vago.
[23] ASPD, fondo Questura, b. 47.
[24] Alcuni nomi vengono ripetuti. Ad esempio tra gli stranieri i seguenti nomi compaiono sia nella parte finale dedicata agli ebrei stranieri sia all’interno dell’elenco: Blau n. 28; Einstoss n. 97; Fogel n. 121; Grassini n. 132; Krebs A. n. 154; Krebs G. n. 153; Krebs R. n. 156; Krebs F. n. 155; Polacco n. 248; Rothschild n. 284; Spiegel A. n. 291; Westenberg n. 368; Krebs M. n. 152, Hazens n. 150.
[25] I tre Abrahamshon compaiono nella tabella 4 relativa al 1938.
[26] Si tratta di Bindefeld, Bukler M., Bukler I., Chamades, Fullenbaum, Kienwald, Langnas, Lebl, Maurer, Mstowski, Schmetterling Etel, Schmetterling Giuseppe, Schmierer, Truaboner, Weiss, Wiener G., Zwecher.
[27] Gesess Elia e Schwarz Bela si trovano nella tabella 3 redatta nel 1938; Abrahamsohn Arturo Marcello, Einstoss Federico, Fogel Giulio, Lilo Nissin, Sarfatti Alberto, Schwarz Bela, Spiegel Alma e Selma, Westenberg Joseph sono nella tabella 4 che si riferisce al 1938; Schlesinger Salo è nella tabella 2 del 1936; Einstoss Fritz, Krebs Giuseppe e Krebs Martino sono nella tabella 9 del 1940; Schwarz Bela è nella tabella 13 del 1940; Krebs Adolfo, Krebs Robertina e Krebs Francesca sono nella tabella 14 del 1940; Fogel Giulio e Polacco Nella sono nella tabella 16 del 1940.
[28] Adler Blima, Blau Ugo, Blaustein Giorgio, Bassi Amelia in Cesana, Cesana Alessandro, Cesana Girolamo, Denes Francesco Leopoldo, Ducci (Deutsch) Rodolfo, Eichberg Agnes, Feilchenfeld Ella, Frydmann Nechuma, Frehlich / Frohlich Grete in Melgarini, Grassini Bianca, Hasens Wolf, Lobmann Davide, Merkel Leone, Rothschild Elisa, Rottmann Mstho, Schwarz Milivoi, Pollak Ottone (nota: alcuni dati sembrano riferirsi allo stesso Ottone Pollak internato a Valdobbiadene), Milch Mirko, Langstein Rodolfo, Gluck Laura. Di Rodolfo Ducci molto è già stato scritto. Si veda Teo Ducci, Un tallèt ad Auschwitz, Giuntina, Firenze 2000; Mariarosa Davi (a cura di), Alunni di razza ebraica. Studenti del liceo-ginnasio Tito Livio sotto le leggi razziali, Padova 2010; Francesco Selmin, Nessun “giusto” per Eva. La Shoah a Padova e nel padovano, Cierre, Sommacampagna 2011, ma anche http://www.lepietredinciampoapadova.it/. Sulla Adler, rimasta vedova nel 1940 e morta a Camposampiero il 16 dicembre 1944, si veda Dino Scantamburlo, Fra legge e coscienza. Storie di ebrei e di sfollati accolti a Camposampiero e nel Camposampierese 1940-1945, Bertato, Villa del Conte 2019, pp. 45-47.
[29] Si tratta di Davide Lobmann, Elisa Rothschild, Ottone Pollak, Mirko Milch, Rodolfo Langstein, Laura Gluck.
[30] Il riferimento va a Giorgio Blaustein, Francesco Leopoldo Denes (fratello di Giulio di cui si è parlato), Nechuma Frydmann, Grete Frehlich / Frohlich in Melgarini, Bianca Grassini, Wolf Hasens, Leone Merkel.
[31] È così per Amelia Bassi in Cesana, Alessandro Cesana, Girolamo Cesana, Ella Feilchenfeld, Mstho Rottmann (è la stessa persona di Max Rottman), Milivoi (Giulio) Schwarz.
[32] Le informazioni su Agnes Eichberg sono state reperite grazie ai documenti conservati negli Arolsen Archives. Si veda https://collections.arolsen-archives.org/archive/80360556/?p=1&s=eichberg%20agnes&doc_id=80360557.
[33] Nel questionario dell’IRO compilato il 26 febbraio 1948, affermò che la permanenza a Camposampiero durò fino al novembre del 1944 quando si spostò a Limena. Questo riferimento scompare nel successivo questionario del 23 agosto 1949. Inoltre, afferma di essere fuggito nel dicembre 1942, ma con ogni probabilità, il riferimento era ad un anno dopo.
[34] In realtà, in altri documenti, emerge anche la richiesta di partire per la Palestina dove viveva la figlia, Tewa Stern, che si era stabilita nel kibbutz Newej Yaar, vicino ad Haifa. Se non che, tra le informazioni raccolte dall’IRO c’è anche la seguente frase: “La figlia non ha intenzione di mantenere suo padre”.
[35] 8 £ al capofamiglia, 4 £ alla moglie, 3 £ per ogni figlio, oltre alle 50 £ per l’alloggio se previsto.
[36] Prendendo, ad esempio, il primo internato presente nella tabella, Giovanni Barasco, si nota che a luglio 1942 ricevette 248 £, corrispondenti a 8 £ per 31 giorni, mentre i Bindefeld (famiglia di cui si conosce comunque la composizione), per lo stesso periodo, ebbero 515 £ (248 per il padre, 124 per la madre, 93 per la figlia e 50 per l’alloggio).
[37] I documenti si trovano in ACS, MI, DGPS DAGR, Massime, M4/16, b. 138.
[38] I nomi degli ebrei stranieri rimandano comunque a Piove di Sacco. Da lì i Bindefeld passarono poi a Monselice.
[39] ACS, MI, DGPS DAGR, RSI 1943-1945, b. 5, fasc. Padova.
[40] ASPD, fondo Questura, b. 42.
[41] ACS, MI, DGPS DAGR, A16, Stranieri ed ebrei stranieri 1930-1956, b 16, f. 53 Padova. In realtà l’elenco, redatto il 23, comprende anche le province già liberate.
[42] ACEPD, Scuola, b. 3. Relazione delle maestre del 9 giugno 1943 sulle prove scritte e orali sostenute dai bambini nei giorni 24, 25, 26, 27, 28 e 31 maggio nei locali della scuola ebraica parificata di via Leopardi, 28.
[43] ACEPD, Scuola, b. 1. Sono presenti le pagelle dell’anno scolastico 1942-1943 relative a Pietro Kapper, Eduard Rubinfeld, Carlo Lorant, Vera Steinhardt, Eva Kapper).
[44] ACEPD, Scuola, b. 3. Lettera del 25 giugno 1943.
[45] ACEPD, Deportati.
[46] Ibidem.
[47] Ibidem.
[48] Ivi. Elenco della Comunità Israelitica di Milano datato 30 settembre 1945.
[49] Si veda http://auschwitz.org/en/history/auschwitz-sub-camps/charlottegrube/. Per la scheda del CDEC si veda http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?nome=Martino&cognome=Krebs&id=3986.
[50] Tra gli oltre 430 nomi dell’elenco del settembre 1945, compare anche il nome di Eva Ducci di Padova, morta ad Auschwitz nel luglio 1944, in base a quanto riportato da Amalia Navarro di Venezia e Anna Cassuto di Firenze, quello di Nicolò Sagi, già internato nel vicentino, morto in infermeria ad Auschwitz verso il mese di ottobre 1944, come da testimonianza di Dragon Worobojoik e Martino Goldstein (Godelli), delle Ulmann, madre e figlia, già internate a Camisano Vicentino.
[51] ACEPD, Deportati.
[52] Si veda http://www.nomidellashoah.it/1scheda.asp?nome=Giuseppe&cognome=Krebs&id=8548.
[53] Si veda http://www.cartedalegare.san.beniculturali.it/fileadmin/redazione/StorieDiVita/Venezia-Deportazione-ebraica-1944.pdf, pp. 1-2.
[54] Ivi, p. 12.
[55] Ivi, p. 1. Si veda anche Angelo Lallo, Lorenzo Toresini, Psichiatria e nazismo. La deportazione ebraica dagli ospedali psichiatrici di Venezia nell’ottobre 1944, Nuovadimensione, Portogruaro 2001.
[56] ACEPD, Deportati. Documento datato 13.X.46.
[57] 30 settembre 1945. Ebrei visti in campi di concentramento prima della liberazione: n. 12. Bucci Alessandra e Tatiana di Fiume, viste a Birkenau nel gennaio 1945. Inf. Loeb Ilse, Milano; 20. De Simone Sergio da Fiume, evacuato dai tedeschi in gennaio 1945. Inf. Idem.
[58] “Carlo Manziana nacque a Urago Mella, quartiere occidentale di Brescia, il 26 luglio 1902. Ancora giovane entrò nella congregazione degli Oratoriani. Fu ordinato sacerdote nel 1927. Si dedicò soprattutto alla formazione dei giovani e delle coscienze nell’Oratorio della Pace, lavorando insieme a Teresio Olivelli nel campo della formazione e della diffusione della stampa clandestina. Considerato da fascisti e nazisti uno dei principali ispiratori di quel «covo di ribelli» che era l’Oratorio della Pace, padre Manziana venne rinchiuso in carcere a Brescia il 4 gennaio 1944, insieme a don Vender, Andrea Trebeschi e Mario Bendiscioli. Trasferito al forte San Leonardo di Verona, fu poi deportato il 29 febbraio 1944 nel campo di concentramento di Dachau; è il secondo dei 28 preti italiani che vi saranno rinchiusi, preceduto solo da don Giovanni Fortin, parroco di Terranegra (Padova). Don Manziana, matricola 64762, riuscì a sopravvivere all’inferno dei lager nazisti: venne liberato il 29 aprile 1945 dalle truppe americane e rientrò in Italia il 13 luglio. Il 19 dicembre 1963 fu nominato vescovo di Crema da papa Paolo VI: qui ha guidato il cammino di rinnovamento della diocesi alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Si ritirò nel 1981 e morì, ultranovantenne, a Brescia il 2 giugno 1997”. Tratto da https://www.ccdc.it/documento/il-primato-della-coscienza-la-resistenza-tedesca-al-nazismo-mostra/.
[59] ACEPD, Deportati.
[60] Ibidem.
[61] Ivi, Milano, 13 luglio 1945 – II elenco – foglio n. 1 Nominativi di ebrei SALVI liberati da campi di concentramento.
[62] ACEPD, Deportati: Bollettino di informazioni n. 26 di venerdì 9 novembre 1945.
[63] ACEPD, Deportati.
[64] Si veda https://collections.arolsen-archives.org/en/archive/80313658/?p=1&s=barabas%20silvio&doc_id=80313659 ma anche https://collections.arolsen-archives.org/archive/80906161/?p=1&s=barabas%20silvio&doc_id=80906162.
[65] Daniele Ceschin, In fuga da Hitler. Gli ebrei stranieri internati nel Trevigiano (1941-1943), Istresco, Treviso 2008, pp.83-84.
[66] Silvio Barabas fu tra i 95 uomini che superarono l’immediata selezione e tra i 23 sopravvissuti di quel convoglio. Cfr. Liliana Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Mursia, Milano 2002, p. 48. Sull’esperienza di Silvio Barabas si vedano Alessandra Chiappano, Luciana Nissim Momigliano. Una vita, Giuntina, Firenze 2010, p. 148 e seguenti; Ian Thomson, Primo Levi. Una vita, DeA Planeta, Milano 2017.
[67] Il nome di Silvio Barabas è l’ultimo dell’elenco dei reduci evacuati dal campo di Auschwitz. Si veda la Relazione del dott. Primo Levi n. di matricola 174517 reduce da Monowitz-Buna, scritta verso la fine del 1945 in Primo Levi, Così fu Auschwitz, Einaudi, Torino, edizione Corriere della Sera del 2018, p. 33. e pp. 210-211.
[68] Ivi, p. 211.
[69] Si veda https://collections.arolsen-archives.org/en/archive/80313658/?p=1&s=silvio%20barabas&doc_id=80313676. Il titolo della tesi di laurea fu “Studio spettrografico e polarografico del complesso solfitico di rame”. Inoltre, ottenne dall’IRO ulteriori attestai che riconoscevano la sua formazione e la sua esperienza.
[70] Ivi, Questionario del 22.8.1949.
[71] Ivi, documenti del 24.1.1951 e del 1°.2.1951.
[72] Ivi, Bagnoli, 18.4.1950.
[73] Ivi.
[74] Fonte A: 43 ebrei a Padova di cui 7 internati; 36 ebrei internati in provincia (16 a Piove, 10 a Torreglia, 3 ad Abano, 4 a Cittadella, 3 a Lozzo) e 11 mancanti (2 a Piove, 2 ad Abano, 1 a Lozzo, 3 a Monselice, 3 a Monteortone). Fonte E: 43 a Padova (41 a cui aggiungere Chaim Paies e Oppenheim Marta); 36 in provincia (14 internati e 22 parenti); 11 mancanti (2 a Piove, 4 a Lozzo, 4 a Cittadella, ad Abano). Vanno aggiunti il figlio di Schmierer, presente a Padova, e i 3 Rottmann, a Camposampiero. Fonte A: ACS, MI, Direzione generale servizi di guerra, AAGG, b. 89, f. 303/2/54 Padova, Internati; fonti B, C, D e H: ACS, MI, DGPD DAGR, A16 Stranieri ed ebrei stranieri, Affari generali, b. 53; fonte E: ASPD, fondo Questura, b. 47; fonte F: ACS, MI, DGPS DAGR, Massime, M4/16, b. 138; fonte G: ACS, MI, DGPS DAGR, RSI 1943-1945, b. 5, f. Padova; fonte I: ACEPD, b. 39, Schede anagrafiche.
[75] Nel totale sono comprese anche le sei mogli con cittadinanza italiana. Giovanna Bergo in Abrahamshon, Nella Maria Soranzo in Einstoss, Ada Ancona in Gesess, Jolanda Ciclami in Hazens, Jole/Sole Jacchia in Sarfatti, Amelia Targa in Schwarz Bela. Se si volessero tener conto, inoltre, di due mariti ebrei italiani, Renato Parenzo, sposato con Elisa Gesess, e Giuseppe Cavagnis, sposato con Clara Gesess, e i rispettivi figli, Roberto e Alessandro Parenzo e Leon Paolo Cavagnis, si arriverebbe a 108 persone direttamente o indirettamente interessate dalle disposizioni normative.
[76] Si tratta di 6 ebrei afferenti a Padova, compreso David Lobmann poi passato a Noventa Padovana, e Leonardo Kienwald; 19 a Piove di Sacco, compreso Andrea Sterk poi spostato a Mestrino; 10 a Torreglia; 5 ad Abano Terme; 4 a Cittadella; 4 a Lozzo Atestino; 4 a Camposampiero (Mirko Milch la cui moglie emerge anche il nome della moglie, ma non ci sono prove sufficienti che anche lei sia stata internata nel padovano; la famiglia Rottmann); 3 a Monselice; 3 a Monteortone. Manca la possibilità di ricostruire le vite di Marta Oppenheim e di suo marito Giulio Traubner su cui non ci sono informazioni se non quelle presenti nella tabella della fonte I.