La commissione per le malattie genetiche ed ereditarie
Prima ancora che fosse varato ufficialmente il piano di eutanasia, la Direzione Sanitaria del Reich guidata da Leonardo Conti si mise in moto per eliminare i bambini giudicati fisicamente o psichicamente disabili. Venne creata la Commissione per le malattie genetiche ed ereditarie.
La Commissione disponeva di una rete di 500 medici sparsi in tutta la Germania e l’Austria e organizzati in quei “consultori della morte” che erano i “Centri di consulenza per la protezione del patrimonio genetico e della razza“.
Nel 1938 Hitler prese a pretesto il caso del neonato di una famiglia di nome Knauer per attivare il progettato programma di eutanasia. A quanto pare il figlio (o la figlia: il sesso non ci è noto) degli Knauer era nato con gravi handicap. Non è possibile ricostruire con certezza l’esatta natura del suo disturbo, ma le testimonianze sembrano concordare sul fatto che fosse cieco e che i medici avessero formulato nei suoi confronti la diagnosi di “idiotismo”. Tuttavia non tutti gli osservatori rilevarono la sua cecità e per quanto riguarda la diagnosi di idiotismo non furono offerti argomenti sufficientemente precisi; il neonato soffriva inoltre di convulsioni.
Il padre del bambino consultò Werner Catel, direttore della Clinica infantile dell’Università di Lipsia, e gli chiese di accogliere il figlio. Catel ricoverò il neonato, ma più tardi avrebbe affermato che il padre gli aveva chiesto di sopprimere il bambino, richiesta cui aveva opposto un rifiuto trattandosi di un atto punito dalla legge.
Tali appelli pervennero a Hitler attraverso la sua cancelleria privata, dove già erano state raccolte suppliche analoghe. Questa Cancelleria del Fuhrer diretta da Philipp Bouhler, preparava le informazioni per il Fuhrer, il quale decise di intervenire nel caso Knauer. Hitler ordinò a Karl Branda, suo medico di scorta, di visitare il neonato degli Knauer, di consultarsi con i medici di Lipsia e di uccidere il bambino nel caso in cui la diagnosi avesse ratificato le condizioni fisiche e psichiche descritte nella supplica. A Lipsia Brandt si consultò con i medici curanti, confermò la diagnosi e autorizzò l’eutanasia: il bambino fu ucciso.
Né la KdF (Cancelleria privata del Fuhrer) né il Comitato del Reich potevano dare inizio e portare a compimento il progetto di sterminio. Per questo i pianificatori avevano bisogno dell’RmdI (Ministero degli Interni del Reich), perché soltanto un ministero poteva garantire che si ottemperasse alle disposizioni del programma di eutanasia. Perciò il 18 agosto 1939 1’RMdI fece circolare un decreto intitolato Meldepflicht fur mibgestaltete usw Neugeborene (Obbligo di dichiarazione di neonati deformi ecc.). Esso recava il timbro “strettamente confidenziale” e non fu pubblicato sulla gazzetta ufficiale del ministero; preparato dal IV dipartimento, fu siglato dal segretario di stato Wilhelm Stuckart a nome del ministro del Reich, Wilhelm Frick.
Il decreto ordinava alle ostetriche e ai medici di dichiarare tutti gli infanti nati con specifiche condizioni mediche:
- idiotismo e mongolismo (in particolare i casi che presentavano anche cecità e sordità);
- microcefalia (dimensioni della testa abnormemente piccole);
- idrocefalia grave o progressiva;
- ogni deformità, in particolare arti mancanti, chiusura gravemente difettosa della testa e della colonna vertebrale ecc.;
- paralisi, incluso il morbo di Little (dìplegia spastica)
Oltre ai neonati, i medici dovevano dichiarare tutti i bambini sotto i tre anni affetti da tali condizioni.
Al decreto fu allegato un campione del modulo di dichiarazione
Il modulo richiedeva le seguenti informazioni, oltre al nome, l’età e il sesso del bambino:
- una descrizione particolareggiata della malattia;
- una spiegazione del modo in cui la funzionalità del bambino veniva compromessa dalla malattia;
- dettagli relativi alla degenza e al nome dell’ospedale;
- una stima della speranza di vita;
- possibilità di miglioramento.
Il modulo occupava soltanto un lato di una pagina; lo spazio per le descrizioni particolareggiate non era quindi molto. Ostetriche e medici dovevano sottoporre le loro dichiarazioni all’ufficio di sanità pubblica locale, che doveva verificare le informazioni e quindi inviare la dichiarazione al Comitato del Reich presso la casella postale 101, Berlino W 9.
La frase di apertura del decreto si prefiggeva di dare l’impressione che l’obiettivo del ministero fosse quello di realizzare un’indagine scientifica che avrebbe aiutato i bambini sofferenti di gravi disturbi: “La registrazione tempestiva dei casi appropriati in cui siano presenti deformazioni e ritardo mentale ereditari è essenziale per la chiarificazione di problemi scientifici“. Sembra che nella maggior parte dei casi il provvedimento venisse accolto come una semplice richiesta di informazioni per un’indagine statistica. In nessun luogo il decreto rivelava le vere ragioni dietro questo obbligo di dichiarare bambini disabili. Il modulo originale, utilizzato per dichiarare i bambini, si rivelò insufficiente. Perciò il 7 giugno 1940 I’RMdI emanò una circolare che annunciava l’introduzione di un nuovo modulo. Quest’ultimo richiedeva una maggiore dovizia di particolari.
Mentre il vecchio modulo domandava soltanto il nome, l’età e il sesso del bambino, il nuovo richiedeva anche il suo recapito e la sua fede religiosa. Le domande concernenti lo stato di salute del bambino erano maggiormente dettagliate ma non presentavano differenze sostanziali. Fatto più importante, il nuovo modulo richiedeva informazioni circa la nascita del bambino e le storie cliniche di genitori, fratelli, sorelle e altri parenti.
I periti erano Werner Catel, Hans Heinze ed Ernst Wentzler, tutti membri del comitato di pianificazione e sostenitori militanti dell’eutanasia. Essi presero tutte le decisioni unicamente sulla base dei moduli di dichiarazione; non visitarono mai i bambini e neanche consultarono la casistica medica esistente. I periti annotavano un voto accanto ai propri nomi su una carta da lettera che recava l’intestazione “Comitato del Reich”, ma che era preparata dalla KdF per ogni bambino preso in esame. Non vi era spazio per lunghi commenti. Un semplice segno più (+) indicava l’inclusione nel programma e dunque l’uccisione del bambino; un semplice segno meno (-) indicava l’esclusione, il che voleva dire che il bambino poteva continuare a vivere. Se il perito era indeciso, annotava “osservazione”, il che differiva la decisione.
Il dottor Ernst Wentzler, della commissione
per le malattie genetiche ed ereditarie, al lavoro
Con il decreto del 18 agosto 1939…
- i medici dei “Centri di consulenza” dovevano essere obbligatoriamente informati dagli ospedali e dalle levatrici della nascita di bambini deformi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche.
- Una volta informati i medici convocavano i genitori e illustravano loro i grandi progressi della medicina tedesca. Ai genitori veniva detto che erano stati creati centri specializzati per la cura delle malattie dei loro figli. Veniva sottolineata la possibilità di decessi visto il carattere sperimentale delle cure ma si invitavano i genitori ad autorizzare immediatamente il ricovero anche in presenza di speranze di guarigione ridotte.
- Ottenuto il consenso i bambini venivano ricoverati in alcune cliniche sparse sul territorio del Reich.
- Qui giunti i bambini venivano uccisi con una iniezione di scopolamina o lasciati progressivamente morire di fame. Al processo il dottor Pfannmüller direttore del centro di Eglfing descrisse in questo modo il processo di eliminazione:
Nel mio Istituto veniva utilizzato il Luminal. Un bambino fortemente idrocefalo, con una ridotta capacità di vita può essere addormentato con una dose di Luminal inferiore alla dose massima (…) Nell’arco di alcuni giorni il bambino dorme molto tranquillamente e non muore per avvelenamento: su questo insisto, anche se ho già avuto modo di dirlo. Il bambino muore per il sopravvenire di un ristagno polmonare e quindi per complicazioni cardiache e polmonari: di questo muore.
- Una volta deceduti i bambini venivano sezionati, ai medici interessava soprattutto studiarne il cervello. Ad Eichberg ad esempio ad effettuare le dissezioni cerebrali era il dottor Walter Eugen Schmidt e, successivamente, i cervelli venivano inviati all’Istituto di Heidelberg dal professor Carl Schneider.
Tuttavia non venivano uccisi soltanto neonati o bambini di pochi anni. Gli istituti si occupavano dei bambini ebrei che, sani o malati, venivano immediatamente uccisi e dei bambini tedeschi disadattati. Nel processo di Francoforte del 1947 la signora Rettig testimoniò sull’eliminazione del figlio tredicenne che era scappato di casa ed era stato trovato dalla polizia. Il ragazzo era stato ricoverato a Idstein e la madre informata che si trovava nell’Istituto per ricevere tutte le cure appropriate. Dopo poche settimane in una lettera ufficiale venne informata che suo figlio era morto. Tra i vestiti che le vennero restituiti la signora Rettig ritrovò un bigliettino del figlio che diceva:
Cara mamma! Se ne sono andati e mi hanno lasciato rinchiuso. Cara mamma io non resisto otto giorni qui con questa gente: io me ne vado, io qui non ci resto. Vieni a prendermi. Anche la mia valigia è rotta, è caduta. Cara mamma, fa qualcosa affinché la mia richiesta sia esaudita.